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“Allenare”, la mia lezione al Corso Allenatore Nazionale di Bormio 2015

Quest’anno al Corso Allenatore Nazionale di Bormio,  ho svolto un intervento in cui ho portato agli allenatori le testimonianze dei grandi Maestri che mi hanno accompagnato ed il mio modo di intendere il più bel lavoro del mondo: Allenare!

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Il video completo della lezione

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Le slide della lezione

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La visione di Bianchini e Tavcar

La prima volta di Ettore

Un canestro in più o in meno

Campioni d’Europa

Ettore Messina: la sintesi dell’allenare

Su Facebook mi passa un’immagine con un’ntervista ad Ettore dopo lo straordinario evento a Piazza Santo Stefano a Bologna della settimana passata.

Damiano Montanari riporta il pensiero di Ettore che come sempre riesce a sintetizzare in poche parole quelle cose che tanti di noi, forse, pensano, senza riuscire poi ad esprimerle così semplicemente e chiaramente. Parole semplici, concetti chiari, ma, come sempre, difficili da accettare, perché vuol dire accettare i propri limiti, autodisciplina.

“Oggi si parla molto di fare squadra, una metafora abusata. Il vero significato è avere voglia di sedersi in panchina senza rompere le scatole, fare un passaggio in più per un compagno, fare un lavoro non visibile. Per riuscirci servono regole di autodisciplina. Per molti anni sono stato un grillo parlante che ha anche preso qualche scarpa in faccia. Ma sono stato fortunato, perché alla fine ho trovato gente che mi ha ascoltato. Per vincere la voglia di ascoltarsi è fondamentalePopovic, il mio head coach a San Antonio, unanimemente riconosciuto come il miglior allenatore dell’NBA, dice sempre che la sua fortuna è avere campioni come Ginobili e Duncan che gli hanno permesso di allenarli. Avere un Duncan che, dopo un rimprovero, si alza in piedi e dice: “L’avrà detto male, ma ha ragione lui”, è basilare. Perché alla fiducia tecnica si affianca quella relazionale.

La chiave per gestire il conflitto è il confronto “Come diceva Eraclito, il non confronto è l’anticamera dell’autodistruzione. Non si può essere amici dei propri giocatori. Io lo sono diventato di BrunamontiDanilovic e Rigaudeau, quando loro hanno smesso di giocare. Creare prima un finto cameratismo è sbagliato e scorretto nei loro confronti. Serve una comunicazione diretta, senza triangolazioni. E bisognerebbe voler bene ai propri giocatori anche quando ci si scontra: Popovic ci riesce, io no.”
                    Ettore Messina intervista di Damiano Montanari
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Josè Maria Buceta: Insegnare basket a ragazzi under 14

Sulla time line di Twitter stamattina mi è comparso un tweet di Josè Maria Buceta, spagnolo, psicologo dello sport ed allenatore di basket. L’ho conosciuto molti anni fa ad un convegno della FIBA a Madrid. Allenatore di basket, psicologo, professore universitario, ha collaborato con diversi top club, uno per tutti il Real Madrid, per diverse federazioni ed in diversi sport. 

Sono andato su suo profilo ed ho trovato questo link, che vi propongo, in cui, in un Corso organizzato dalla FIBA, parla di come allenare ragazzi al di sotto dei 14 anni. Il video è in inglese ma molto semplice da comprendere e, come a volte accade, dice cose in apparenza scontate ma fondamentali e spesso dimenticate.

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I libri scritti da Josè Maria Buceta

Coach, l’importanza di “andare a bottega” per imparare il mestiere

NCAA: su Sky la finale della ACC, bella vittoria dei Fighting Irish dell’università di Notre Dame, in panchina c’è una mia vecchia conoscenza, Mike Brey. Assistente di Morgan Wootten alla De Matha High School, che visitammo nel 1980 con un gruppo di giovani (Bosa, Binelli, Iacopini). Ritrovai poi Mike nel 1989 a Duke, era l’assistente di Coach K. 

A conferma dell’importanza, per i giovani allenatori, di “andare a bottega” da bravi maestri per imparare il mestiere!

Noi non siamo così grandi ma con Vivi Basket proviamo a dare questa opportunità a tanti giovani allenatori ed i risultati si vedono!

 

Recuperare il ruolo centrale del coach

Trovo stamattina una interessante intervista in cui Valerio Bianchini ripropone il suo mantra sulla necessità che i tecnici riprendano un ruolo centrale all’interno delle società. Il general manager ed il coach devono condurre la squadra agli obiettivi concordati ad inizio anno.

Stagione nera per la Juve, Bianchini sa come risalire: “Competenza societaria e credere nelle proprie scelte”

Il coach ha analizzato la stagione di Caserta ricordando anche simpatici aneddoti degli anni 80

Valerio Bianchini in una sfida del Palamaggiò negli anni 80

E’ stato uno dei più grandi e vincenti allenatori di basket italiani. Primo nella storia della nostra pallacanestro a vincere tre scudetti con tre club diversi. Valerio Bianchini per dodici lunghi anni è stato uno degli avversari storici della Juvecaserta. Alla guida di Roma e Pesaro ha raccolto gioie e dolori contro i bianconeri. Con Caserta ormai retrocessa in Legadue, il ‘vate’ ha accettato di analizzare la stagione poco fortunata dei campani. “Ho visto la Pasta Reggia allenata da Molin – esordisce – poi sono riuscito solo a seguire i risultati. Purtroppo la retrocessione dipende da una serie di motivazioni che vanno ricercate innanzitutto nella società. I nuovi imprenditori che entrano nel basket devono rispettare un principio semplice, quello della competenza. Allenatori e general manager devono essere appoggiati in ogni scelta. Bisogna dare continuità al lavoro iniziato. Hanno cambiato tre tecnici, ma alla fine non sono riusciti a risolvere i problemi”.

Per far capire ulteriormente il concetto svela un retroscena della sua esperienza con il Messaggero Roma: “Fui convocato a Milano nella sede della Montedison per parlare del contratto. C’era il grande Raul Gardini che non usò mezzi termini per farmi capire le sue intenzioni. Io di pallacanestro non capisco molto – mi disse – però con lei farò come faccio con il pilota del mio jet. Lo compro, scelgo dove e quando andare. Quando salgo sull’aereo il padrone diventa il pilota non il proprietario. Un concetto che non fa una grinza. In realtà quando si passa dall’azienda allo sport è una cosa completamente diversa. A differenza delle aziende che fanno i bilanci trimestrali, nello sport si è costretti a farlo ogni domenica e il verdetto del parquet non lascia scampo”.

Il futuro della Juve è più che mai incerto. Ripartire dalla Legadue ma con che obiettivi? Che progetto? “Caserta secondo me ha bisogno di fare chiarezza – prosegue Bianchini – di tener duro anche se le cose vanno male. Cambiare tre allenatori non è servito. Se si fanno certe scelte bisogna continuare con quelle. Occorrerebbe dare fiducia al tecnico e andare avanti con il progetto iniziale. Anche gli allenatori giovani che stanno emergendo non fanno più gavetta. Avrebbero invece bisogno di una guida perché hanno tante energie, ma poca esperienza”.

Bianchini al Palamaggiò quando guidava la nazionale

Tantissime sfide memorabili con Caserta e un’accoglienza particolare. “E’ stato sempre emozionante mettere piede al Palamaggiò: i tifosi sono stati molto corretti nei miei confronti. Era molto suggestivo ascoltare O surdato ‘nnammurato, mi venivano i brividi. Ho anche molti amici con cui mi sento ancora oggi. Inoltre avevo una venerazione per Caserta. Maggiò riuscì a fare qualcosa di straordinario a Pezza delle Noci e grazie a lui la Juve ha scritto pagine stupende del propria storia. Ricordo grandi sfide ai tempi di Tanjevic e Marcelletti. Una però in particolare, il playoff dell’85. Allenavo Pesaro e durante la stagione cambiai i due stranieri Cook e Daye. Si avvicinò un signore e mi disse: Bianchini hai cambiato più neri tu che Moana Pozzi. Alla fine vincemmo e andammo in finale, ma fu un pre gara davvero memorabile”.

Adesso bisognerà capire in che tempi Caserta tornerà in Lega A: “Riprendersi la massima serie non sarà semplicissimo – conclude Bianchini. E’ un momento di grande transizione per il basket italiano. Si va verso l’idea di bloccare promozioni e retrocessioni creando una vera e propria lega professionistica. Intanto devono avere le idee chiare su obiettivi, sugli uomini su cui puntare, il budget da investire. Poi nello sport si vince e si perde, ma non bisogna mai mollare”.