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Paolo Maldini, saper essere

Vengo da una settimana di polemiche, proteste “urlate” per tutto.

Dai bambini, ai più grandi, genitori, allenatori, dirigenti, tutti pronti ad additare chi sbaglia.

Pochi a cercare di capire cosa che c’è di buono in ciò che si fa, o pensare a cosa fare per migliorare.

E stasera per caso vedo l’intervista a Paolo Maldini, con i giornalisti che cercano di polemizzare su rigori, ammonizioni, squalifiche. Lui non si scompone e passa oltre.

Da sempre un campione esemplare, in campo e fuori. Suo fratello è stato un buon giocatore di Basket, Paolo può insegnare tanto a tutti noi.

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Storie di vita

Ho sempre amato i libri ed i film di reportage dei giornalisti in guerra.

Da Niente e così sia di Oriana Fallaci, che quasi mi portò in Vietnam al film visto stasera “A private war” che si conclude con la sua morte in Siria.

Mi ritorna in mente il mio caro amico Raffaele sopravvissuto ai missili a Beirut ed al rapimento.

I racconti dei coach in Oman, i loro giocatori siriani che provavano ad occupare le case in cui erano stati ospitati come fratelli. La figlia dell’amico coach rimasta paralizzata per la mancanza di medicine. Ricordo ancora le lacrime del papà nel raccontarmi la tragica storia.

Poi stasera vedo il film che racconta della Siria e mi chiedo degli splendidi amici che mi accompagnarono nel viaggio a Damasco. Quanti saranno sopravvissuti? Loro vedevano nel giovane Assad, medico cresciuto in Inghilterra, una speranza.

Come vorrei incontrare gli amici siriani, dei paesi del Golfo e dell’Oman!

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A spasso nel basket di tutto il mondo, noi cosa possiamo fare?

Pomeriggio dedicato al l’aggiornamento, in sequenza vedo lo sfortunato finale dell’Under 20 Femminile, la vittoria dell’Under 18 con il Montenegro, la semifinale in cui la Spagna distrugge la Grecia, con un 2.11 che gioca come un’ala, dopodiché su YouTube occhieggiano altre partite. La finale Under 16 africana tra Mali ed Egitto che vince ma dall’altra parte un numero di atleti 2003 e 2004 impressionante. Incredibile pensarli vicino ai nostri. Ho dato un occhio anche alla finale femminile Under 16, sempre tra Egitto e Mali. A questo punto ricordo il suggerimento di Claudio Crippa e cerco la finale del mondiale Under19 tra USA e MALI. Una partita puramente atletica con un basket semplicissimo, forse i puristi si scandalizzerebbero. Impossibile tirare sotto il canestro del Mali, ufficialmente 12 le stoppate ma a me sembrano molto di più. Un centro del 2002 enorme, un’ala molto interessante ed un piccolo che comanda.

Il mio pensiero della notte: pensando a tutte queste partite, noi non potremo mai competere su questi livelli di atletismo, ma se non miglioriamo in questo aspetto non potremo giocare neanche in Europa, soprattutto dobbiamo migliorare tecnicamente allenandoci di più e, forse, giocando di meno.

P.s. Per la cronaca primo tempo con il Mali sempre avanti poi nel terzo quarto break decisivo con chiusura sul 93-79. Ma il Mali davanti a tutte le squadre europee.

FIBA U19 World Championship

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Ciao Enzo

Era il 1973, dovevo far omologare il campo dei gesuiti a via Petrarca, andai al Coni a Santa Maria degli Angeli a parlare con il professor Salerno che mi presentò Enzo Caserta. Da allora ho avuto contatti sempre più forti con lui.

Per me erano il Basket, da quando in A li seguivo con la Partenope, non c’era partita a cui mancassi. Il campionato, le due Coppe Italia, la Coppa delle Coppe, e poi ci arrivai davvero in Partenope, accompagnato da un altro grande che ci ha lasciati, Salvatore Furnari.

Nel 1975 iniziai ad allenare la squadra Ragazzi B ed il mini basket.

Enzo era apparentemente burbero, uomo-società come pochi, preferiva attrarre su di se tutti gli scontri pur di proteggere la società ed il presidente. Anche io ebbi contrasti con lui ma alla fine tornava sempre il sereno.

Conosceva il regolamento come pochi, trovava sempre una soluzione, mille battaglie vinte con lui.

Quando la società passò al l’ingegner De Piano lui divenne il suo braccio destro, le decisioni tecniche le prendevano gli allenatori e lui operava. Antesignano del dirigente moderno! Una linea precisa che purtroppo oggi è spesso dimenticata: la proprietà che decideva budget ed obiettivi, l’allenatore che indicava le linee tecniche, scegliendo staff e giocatori, il DS che organizzava e conduceva la società senza interferire sul tecnico. Si vestiva spesso dei panni del cattivo per il suo presidente che poteva poi intervenire per mediare. Il PalaBarbuto è un po’ una sua creatura. Me lo ricordo con la Giulietta Sprint Veloce e, gli ultimi anni, con la sua 500.

Veramente simbolo di un mondo che non c’è più ma con intuizioni di modernità che noi tutti che lo abbiamo amato gli riconosciamo.

Mille ricordi mi passano davanti, dalle vittorie e sconfitte sui campi, alla sua maniacale precisione nelle trasferte: credo che non mangio più paillard e scaloppine da quando nel 1989 ho lasciato il Napoli Basket! Era il menu fisso con la pasta al pomodoro ed il riso all’inglese.

Ricordo il 1986 quando riuscimmo a convincere il Tau, suo coetaneo, a tornare, due anni splendidi dopo l’incubo della retrocessione della stagione precedente con me in panchina ma con Enzo e l’ingegner De Piano sempre a sostenermi.

Aveva avuto un ottimo passato come arbitro di Ok calcio fino alla serie A, era stato segnalinee del grande De Robbio, continuò per anni a fare l’osservatore per la FIGC.

Passó per l’avventura di Gianni Montella dalla B alla A2, ed in quella occasione ci rimise personalmente. Bello vedere stamattina, tra i primissimi, un saluto di Paolo Prato, torinese a quell’anno giocò a Napoli.

L’ultimo suo passaggio fu con il Napoli Basket di Mario Maione, come sempre eccezionale nel ruolo di segretario generale, perfetto nei rapporti con Federazione e Comune.

Chiusa quell’esperienza rimase sempre vicino a noi figli suoi nel basket, tutti quelli che gli sono stati vicini e lo hanno conosciuto da vicino. Ogni tanto mi chiamava per sapere come andavano le cose. Mi chiedeva del suo pronipote, non lo ha mai visto giocare, ma era felice quando gli dicevo che era come lui, silenzioso, concreto, non si arrendeva di fronte a nulla per raggiungere i suoi sogni.

Si è spento a 86 anni con a fianco la sua Pupa, compagna affettuosa di una vita, e con le persone che lo hanno conosciuto ed apprezzato diventandone figli e nipoti adottivi, molto più giovani lo adoravano ed assistevano come un papà. Ma resterà sempre il nostro Enzo, con il suo splendido sorriso.

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Emozioni, dolore, serenità…

Sono stati due giorni intensi in cui questi sentimenti si sono alternati in me, condivisi con le persone che ho incontrato, la famiglia Taurisano, la grande famiglia del basket, tutti coloro che hanno voluto salutare il Tau per l’ultima volta.

Una persona su tutte, Mamma Tau, come io la chiamo, l’adorata moglie Germana, che è riuscita lei a dare a noi tutti la forza, una vitalità straordinaria trasmessa con gli occhi e con le parole, fino all’ultimo “Ciao Papi”.

Fin da sabato quando tanti giocatori ed amici sono venuti a vederLo, lei era felice dell’affetto che tutti avevano per il Tau, partecipe con noi di mille ricordi degli anni passati insieme e forte come una roccia.

In chiesa c’erano tante persone, la Pallacanestro Cantù al completo, dal Presidente Allievi ai giocatori cresciuti con il Tau, Pierlo, Charlie, Farina, Merlati, Della Fiori, tanti altri che faticavo a riconoscere, Valerio Bianchini, il suo assistente, che ha sublimato i suoi insegnamenti con le vittorie e la capacità di formare atleti ed allenatori. Tanti amici, qualche tifoso napoletano, Pino Motta suo giocatore a Napoli.

Qualche assenza veramente inspiegabile ma conoscendo il Tau lui ci avrebbe fatto una delle sue battute taglienti ed una bella risata.

Claudia Taurisano mi ha chiesto se volevo dire qualcosa per ricordarlo, un grande piacere ma è stato veramente difficile, l’emozione non era facile da controllare, mi sono trovato a parlare tra Allievi e Recalcati cercando di portare il mio ricordo personale, la gratitudine di noi allenatori e di tutta la Napoli cestistica che domenica ha giocato con il lutto per ricordarlo

Per me il Tau era il mitico COACH DI CANTU’ quando bimbo quindicenne giocavo partite solitarie nel mio giardino, tra Forst e Simmenthal per cui tifavo, imitavo Vittori, Pieri, Marzorati, il gancio di Merlati.

Quando iniziai ad allenare nel 1973 Basketball Boom Story era la bibbia, La Pallacanestro, di cui avevo solo le fotocopie, il vangelo. Mi esaminò a Rimini nel 1981 per il corso allenatore nazionale, ero terrorizzato.

Nel 1982 mi volle come assistente a Napoli, si presentò a Chianciano con i suoi quadernoni con la programmazione completa, le difese, gli esercizi, gli schemi, IMPRESSIONANTE la sua metodologia, un’organizzazione all’avanguardia.

Ma non avevo capito ancora nulla, perché il TAU era fondamentalmente un uomo di campo estremamente pratico, un grande conoscitore di uomini che sapeva scegliere e gestire, anche i lazzaroni come li definiva lui.

Una simpatia dirompente, una capacità di risolvere ogni problema con coerenza, decisione ed un sorriso, divenne un idolo a Napoli insieme a Mamma TAU, l’inseparabile Germana.

Quando decise di smettere mi disse “Roberto non mi riconosco più in questo mondo, voglio dedicarmi alla mia famiglia ed alla mia azienda” ed uscì in punta di piedi.

Ho continuato a collaborare con lui per la formazione con il CNAG ed il CNA, per i suoi ultimi libri ma soprattutto ho avuto da lui i consigli che, mio padre morto in quegli anni, non poteva più darmi.

I consigli del TAU… diretti, taglienti ma preziosi che mi hanno aiutato a scegliere la giusta via da percorrere.

Io non sono mai stato un grande allenatore ma ho avuto la fortuna di lavorare con i più grandi coach degli ultimi 50 anni, il TAU è stato il primo e mi ha insegnato a diffidare da chi mette distanza, da lui ho imparato che i grandi sono persone semplici e dirette, grazie a te maestro di vita e di sport!

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Taurisano, la storia va insegnata

Era il maggio 1979 quando mi trovai di fronte a lui a sostenere l’esame del corso allenatore nazionale a Rimini. Fu il mio primo contatto diretto ma i suoi insegnamenti avevano già tracciato il solco su cui si muoveva la mia carriera di allenatore.

Basket Boom Story fu il primo libro di basket significativo che ho letto.

Ma la sua proverbiale organizzazione e capacità di strutturare gli allenamenti e una stagione mi era stata passata da Ugo Schaeper che lo aveva seguito nei suoi Camp estivi.

Tau era formidabile nell’organizzare tutto. Ricordo ancora la sua lezione nel luglio 1978 alla palestra della Basilica di San Paolo, sul contropiede. Ogni giocatore aveva un numero ed un compito ben definito, nelle dimostrazioni c’era qualcuno che rischiò di restare sul campo a furia di correre.

Solo dopo scoprii quel monumento dell’insegnamento che è “La pallacanestro ” con una descrizione perfetta di ogni fondamentale.

Da lontano intimoriva ma quando dopo qualche anno mi ritrovai al suo fianco a Chianciano scelto come assistente, grazie a Santi Puglisi, scoprii un uomo straordinario.

Come tutti i grandissimi, semplice, leale, diretto, disponibile, da allora è diventato un mio riferimento nella vita sportiva e personale.

A Cantù era diventato famoso per aver costruito una squadra con tanti ragazzi del vivaio ed aver dato uno stile di gioco che è rimasto tale per decenni: il contropiede di Cantù con Marzorati e Recalcati è indimenticabile, come la mitica foto del muro di Cantù, emblema della sua capacità di giocare con i centri.

La sua difesa era preparata in ogni singolo aspetto, individuale e zona. Ricordo che proprio a Chianciano mi spiegò le due difese che tanto ci aiutarono quell’anno: la 21 e la 12. Erano semplici si mostrava una 2-3 per poi passare ad una 1-3-1 per adattarsi allo schieramento avversario, e viceversa dalla 1-3-1 si passava a 2-3.

Si fece stampare dei quadernoni in cui era possibile riportare ogni allenamento con esercizi e annotazioni pre e post prestazione.

Tutto era preparato all’inizio della stagione ma era uno schema su cui lui sapeva adattarsi con grande duttilità.

Grande inventore di esercizi funzionali al nostro gioco, ne ricordo uno per tutti “Invertire ” il classico esercizio di 2c2, 3c3 e 4c4 per lavorare sul contropiede.

A Napoli si ambientò subito, forse per i suoi antenati napoletani, divenne più scugnizzo di tutti. Andare in macchina con lui era una esperienza da terrore, si infilava ovunque pronto a rispondere in dialetto a qualunque protesta di noi malcapitati napoletani.

Tra le tante sue conoscenze due erano proverbiali: i funghi e la cucina unita alla conoscenza dei vini. Con lui mi sono appassionato a vino e cucina.

Trovava funghi ovunque, riconoscendo ogni specie, proverbiali i porcini e gli ovoli trovati a Cuma sotto l’Acropoli, o i 5 kg di porcini e coprinus comatus trovati nel villaggio turistico di Taranto dove giocammo un torneo, Marco Bonamico lo prese in giro per mesi per la loro descrizione e forma.

Perché una delle caratteristiche di Tau era proprio questa: aveva il massimo rispetto da tutti, ma era capace di scherzare con tutti.

Fu il primo a portare le squadre a Bormio, al Rezia da Maurizio Gandolfi, eravamo trattati come re, ci si allenava duramente senza sentirlo. Sempre variazioni per la preparazione fisica, imposta anche allo staff, ci arrampicavamo ovunque con i pulmini del Rezia, Val dei Vitelli, Oga, laghi del Cancano… Ma c’era spazio per il relax, a tavola si mangiava di tutto, immancabili i suoi funghi, i giocatori si divertivano fuori del campo e noi giocavamo interminabili partite di carte. Si inventò anche un gioco di carte le cui regole furono scritte su di un tovagliolo, lo “Sfaccimmo”. Una sorta di bridge semplificato. Con il grande Gigi Tufano, Renato Volpicelli giocavamo le ore.

Portò NAPOLI in A1 con una capacità straordinaria di costruire la squadra negli anni, di scegliere americani funzionali al nostro gioco, scoperti con la sua rete di amicizie negli USA. Ricostruì il Muro con Toni Fuss, Lee Johnson e Rudy Woods, che una sera ritrovammo infilati in una 126 con Max Antonelli ed una ragazza, malcapitata proprietaria dell’auto, in giro per Bormio!!

Memorabili i suoi duetti con Nicola De Piano, che riuscì a condurre con grande maestria nel mondo del basket. Ricordo sempre che mai un giocatore fu preso senza il suo consenso. Il Tau organizzava il roster in modo di avere sempre due giocatori, un anno servivano un 4 ed un 5. Il Tau stilò la sua lista con in cima Meneghin poi Polesello ed infine Fuss e Righi. Arrivarono gli ultimi due ma li aveva scelti lui.

Il mio cruccio era l’impossibilità di avere giovani napoletani in squadra, se si esclude Massimo Sbaragli, ma il Tau mi diceva, “Roberto al presidente non interessa, per cui è inutile andare contro le sue direttive generali preferisce giocatori di fuori Napoli “. Molti si sono allenati solo Massimo ha giocato. Era bravo a trovare giocatori giovani da lontano, assecondando la volontà di Depi, sua la scoperta di Riccio Ragazzi, Clivio Righi, Simone Lottici, e tanti USA giovanissimi.

Altra maestria era la capacità di gestire quelli che lui definiva “lazzaroni”. Bastone e carota e rendevano a mille, italiani e stranieri.

Come dimenticare le settimane dei playoff per salire in A1 in cui Rudy Woods era introvabile…

Nella sua organizzazione era geniale, univa attacchi tradizionali a giochi innovativi, ricordo il gioco con il blocco cieco in allontanamento dopo un passaggio consegnato, disegnato per Lee Johnson, che portava straordinari risultati.

Passò due volte per Napoli, la seconda volta lo convincemmo Enzo Caserta ed io, per evitare un arrivo poco gradito per le modalità con cui si propose un altro coach, in apparenza amico, in realtà sibillino. Ma fu un successo!

Scrivendo mi vengono in mente mille episodi, ma mi piace arrivare al suo addio al basket, deciso in autonomia, quando avrebbe potuto dare ancora molto, ma quel mondo non gli piaceva più!

Si lanciò in un’attività imprenditoriale, Il Podologo , un’azienda che fu tra le primissime a produrre plantari studiati con una pedana ad hoc per ciascuno. Ed anche li fu un grande successo!

Si trasferì nella casa che si fece costruire a Polpenazze del Garda ( per prenderlo in giro io dicevo che si era trasferito a polpettone sul Garda), e, dopo qualche collaborazione con il CNA, restò spettatore di un mondo che aveva contribuito a rendere grande.

Da allora i miei rapporti sono rimasti intensi, quando ho avuto momenti difficili o felici li ho sempre voluti condividere con lui, ricevendo consigli saggi.

Ho collaborato con il Tau nella stesura dell’Albero del Basket, una monumentale pubblicazione sui fondamentali, in cui i miei ragazzi napoletani hanno fatto da modelli fotografici.

Il Tau ha continuato con le passioni della sua vita, le piante, i funghi, avendo al suo fianco la straordinaria Germana, compagna di sempre, le figlie ed i nipoti, alcuni dei quali sono un legame forte tra me e lui. Hanno preso la sua rigorosità, la sua testardaggine nel raggiungere gli obiettivi, il cuore immenso, la capacità di andare oltre ogni vicissitudine.

Il Tau è ancora un guerriero nel suo maniero circondato dall’affetto e dal rispetto di tutti. Meriterebbe che tutti conoscessero la sua storia, senza di lui il basket moderno sarebbe diverso. E chiudo con uno dei complimenti più belli che uno dei suoi più grandi allievi, e mio maestro, Valerio Bianchini mi fece, presentandomi come assistente della nazionale sperimentale che nel 1985 andò in Cina: “Roberto è un predestinato è nato nel 1953, perché dico questo? Nel 1923 è nato Cesare Rubini, nel 1933 Arnaldo Taurisano, nel 1943 sono nato io, che il 1953 gli sia di buon auspicio!” Io ho solo avuto l’onore di lavorare ed essere voluto bene da tutti questi grandi, neanche lontanamente mi posso paragonare a loro, ma senza queste persone io non sarei Roberto di Lorenzo.

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Grazie Salvatore: Notizie che non vorresti ricevere

Sto per andare a letto e leggo un post di Ciccio, ma non ci faccio caso, dopo un po’ leggo un altro post e vado a vedere… resto senza parole!

Se la mia vita è cambiata con il basket lo devo a lui, Salvatore Furnari. Lo incontravo al Politecnico, me lo fece conoscere Nando Giordano. Un giorno, facendo fotocopie, mi chiese: “Vuoi venire ad allenare in Partenope?” No.n ci pensai un minuto e divenni il suo assistente con la più forte squadra junior di tutti i tempi: Pepe, Biondi, Prestisimone P., Biccardi, Bove, Mautone, Valentino, D’Orazio, Liguori M., Liguori G, Moschino, di Vincenzo, Coppola. Non fosse nata a Napoli sarebbe arrivata ai massimi livelli, siamo sul 195cm di media. Fantastici fisicamente, bravi tecnicamente, pieni di cazzimma! Il mio è sordio in panchina fu a Torre del Greco, al Liceo Tasso, clamoroso intermezzo con Fausto Silvetti che rincorreva Gigi Tucci con una scarpa. Quella squadra arrivò alle finali nazionali ma fu sperperata dallo “stranierismo ” napoletano.

Con Salvatore sono rimasto in contatto, veniva a Napoli per il suo lavoro al RINA. Vedevo lui così come Roby Boccia, che lo aveva ospitato nel suo periodo napoletano.

Un abbraccio Salvatore, ti voglio bene e grazie per avermi avviato sulla strada più bella del mondo!

Marco Aloi, responsabile marketing della Legabasket

“LEGA BASKET: MARCO ALOI SARA’ IL NUOVO RESPONSABILE MARKETING

Sarà Marco Aloi il nuovo responsabile marketing della Lega Basket dopo il divorzio da Federico Zurleni. Il 45enne ex atleta (bronzo ai campionati italiani della 4×100 nel 1998) ha all’attivo una lunga esperienza operativa nel mondo del basket: Napoli, Avellino e Biella prima dello sbarco a Pesaro nel 2015.” Spicchi d’arancia

Luglio 2006, incontrai Marco a Fuorigrotta, mi portava una delle sue famose penne della Delta. Lo avevo conosciuto in Partenope, avevamo organizzato un meraviglioso Meeting di Atletica Leggera allo stadio Collana, erano gli anni del risorgimento Partenope con Sandro Di Falco, Vittorio Brun, Claudio Cicatiello e Sandro Gelormini. Un po’ per gioco gli dissi “perché non trovi lo sponsor per il Napoli Basket?” Il giorno dopo l’incontro con Pierfrancesco Betti e l’avventura ebbe inizio. Marco partì per le vacanze in Tunisia ma al telefono inizio a tessere le trame del miracolo che fece vivere a Napoli due anni di sogno.Al ritorno aveva due mega sponsor in mano, quando sembrava chiuso con il primo ELDO rilanciò e diede la più grande Sponsorship del basket Napoletano di tutti i tempi!Ma Marco è una macchina da guerra, coinvolse decine di grandi e piccoli sponsor, li mise in contatto tra di loro, offrendo un valore aggiunto alla loro presenza. Coinvolse di nuovo Carpisa ed MSC, che diventarono fondamentali nel Progetto. EasyJet, Harmont & Blaine, Fratelli La Bufala, Lete, GESAC, REEBOK e si potrebbe continuare a lungo.Il settore giovanile divenne parte importante del marketing con grandi ricadute sulla sua attività. Il Case history EasyJet viene ancora portato ad esempio. Vivi Basket nasce da quegli anni.Non si fermava mai e lottò fino in fondo nel 2008, aveva trovato già lo sponsor MSC, ma tutto finì, anche lui venne “truffato ” da quel crollo.Ma Marco ha dentro un’energia vitale incredibile e ripartì: Avellino, Biella, l’Academy di nuoto a Caserta e poi Pesaro.Nel 2009 eravamo riusciti a mettere insieme, in una Newco, gli sponsor napoletani per riportare il basket a Napoli. In una riunione a Piazza dei Martiri, c’erano tutti. Aniello Cesaro chiese 48 ore per confermare la sua presenza ma, purtroppo, rinunciò! Fu l’ultimo grande progetto che riuscì, anche se solo sulla carta, a coinvolgere l’imprenditoria napoletana nel rilancio del basket.Ma Marco, sempre con la sua splendida famiglia al seguito, ha continuato a portare energia al mondo dello sport ed oggi gli viene data la possibilità di lavorare ad altissimo livello per il basket italiano. Un’opportunità da non perdere per lui e per tutti noi che amiamo questo sport!Un abbraccio Marco, VIVI BASKET è con te!

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My Women All Time Team

Comincio un gioco per riprendere i miei ricordi di basket. Oggi la mia squadra al femminile, tra amiche e conoscenti!

Nicoletta Caselin: il massimo, testa, cuore tecnica, donna straordinaria!

Marilena Rienzi: tutto, fosse nata altrove…, una vincente!

Cinzia Zanotti: ha vinto di tutto, adesso ottimo coach, gran persona!

Giovanna Cianciaruso: la Regina, tecnica, atletismo, cuore, grande oltre i risultat!

Nicole Antibe: una vincente, ovunque, sempre con il sorriso, ha vinto tutto, super!

Mara Invernizzi: una guerriera, da quando aveva dodici anni, un gran cuore, mai doma tra poco anche da dirigente!

Kate Ress: giocatrice straordinaria, sempre con il sorriso ma attenti a voi… coach e mamma!

Anna Maria Meterangelis: talento di altri tempi, tecnica e furbizia, una guerriera!

Luisa Corallo: tiratrice, cattiva il giusto, meglio girare al largo, coach e mamma super!

Carla Colaci: pivot di altri tempi. Mamma bravissima una guerriera!

Raffaella Masciadri: la capitana, poche parole tanti fatti, se si scioglie son guai, ha vinto tutto è lo farà ancora!

Francesca Amendola: un 4/5 d’antan, poteva essere discobola ma ha scelto il basket, la musica è il giornalismo. Amica di tutti ma attenti a voi!

Coach: Riccardo Sales, un gran tecnico, un gran signore, un maestro!

Assistente: Elio Annunziato, amico di sempre, grande persona!

Lo Squalo se ne è andato

A distanza di pochi giorni mi trovo di nuovo a ricordare un grande Coach che ci ha lasciato: Jerry Tarkanian “The Shark”.
Lo incontrai a Los Angeles al Camp di Pete Newell, era già leggendario, ma anche lui di una semplicità imbarazzante per un giovane coach come me. Quando scoprì che ero italiano mi cominciò a parlare del figlio, Danny, playmaker della sua squadra. L’anno successivo mi ricontattò attraverso Coach Newell per vedere se ci fosse un’opportunità. Ma il figlio lasciò presto il basket per dedicarsi al lavoro.
Lo Squalo era molto diverso da Dean Smith, è diventato leggendario per la sua carriera a UNLV ( University of Nevada Las Vegas) dove ha ottenuto straordinari successi reclutando atleti che difficilmente sarebbero potuti diventare giocatori NBA.
Con un record di 729 vittorie nell’NCAA, è settimo in percentuale di vittorie, davanti a mostri sacri come Smith e Krzyzewski, ma la sua partita mai terminata è stata quella combattuta con l’NCAA. Le cause e le sospensioni legate alle irregolarità di reclutamento lo hanno accompagnato per anni.
Tarkanian è stato un ottimo coach, molto migliore di ciò che si è detto, ha iniziato per primo ad usare sistematicamente il tiro da tre punti, il suo stile di gioco “Run and Gun” (corri e spara) caratterizzato dal gran numero di possessi, unito alla difesa a tutto campo, ha fatto scuola.
Per quattro volte è arrivato alle Final Four, sempre contro grandi College: lui con il piccolo UNLV, ha perso le prime due volte con Dean Smith, UNC, e Bobby Knight, Indiana University; ha vinto nel 1990 con Coach Krzyzewski, Duke University, concludendo nella stagione successiva, 1990-91, con una sconfitta in semifinale proprio con Duke. L’anno successivo fu travolto da uno scandalo provocato da tre suoi giocatori che lo portarono a lasciare UNLV.
Ma per raggiungere le 700 vittorie riprese ad allenare a Fresno State, la sua Alma Mater. Altro record: in tutta la sua carriera solo due volte le sue squadre hanno mancato il traguardo delle 20 vittorie.
Significative le parole di Coach K dopo la vittoria a sorpresa del 1991:
“Come coach noi lo apprezziamo, la sua squadra è una gioia da vedere, anche se ci devi giocare contro non puoi non apprezzarla. Insegna la difesa press tutto campo come nessun altro ha mai fatto.”
Tarkanian aveva una incredibile abilità di reclutare stelle e trasformarle in una squadra con una mentalità che ben si comprende dalle sue parole:
“Ogni cosa deve essere fatta alla massima velocità ed intensità. Molti allenatori desiderano che i loro giocatori siano rilassati prima delle partite. Io non voglio mai che accada. Io voglio che le loro mani sudino, le loro gambe tremino, che gli occhi siano spiritati. Io voglio che agiscano come se si preparassero alla guerra.”

come sempre ESPN traccia un magnifico profilo, da leggere!

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