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Basket, istruttori, genitori, ragazzi…

Due miei allenatori hanno ritrovato una mia vecchia lezione sempre interessante…! 
 GENITORI, ISTRUTTORI E PSICOLOGIA NELLO SPORT GIOVANILE
 La mia esperienza nasce da giocatore (scarso) con un padre sportivo di alto livello, che però non ha voluto che io praticassi una serie di sport per motivi “sociali”. Ho scelto il basket e ne ho fatto la mia vita. Come giocatore ho giocato pochissimo, allenandomi molto ed ottenendo un posto fisso solo quando sono diventato allenatore, presidente e giocatore della società in cui giocavo… Per giocare ho fatto l’allenatore e… ho smesso di studiare. 
 Varie le mie esperienze ma fondamentale l’indicazione di Sandro Gamba che mi indicò l’importanza della psicologia dello sport. Ho allenato giovani a Napoli, la serie A a Napoli, le nazionali giovanili, la serie A a Fabriano, per poi tornare alle giovanili a Napoli da direttore tecnico e dirigente. 
 Credo che il modello insegnatomi da Tommaso Biccardi aiuti molto a comprendere che in questo momento la capacità di relazionarsi ai ragazzi e quindi alle loro famiglie sia determinante nella riuscita del nostro lavoro.

Lo sport rappresenta una realtà in cui responsabilità individuale, rispetto delle regole si coniuga a divertimento in una situazione di scelta personale del ragazzo (anche se qui ci sarebbe da discutere). 

 Si dice che lo sport sia scuola di vita, per me lo può essere a patto che si metta una grande attenzione nell’insegnarlo e nel praticarlo. 
 Un’altra premessa, molte cose di cui parlerò spesso non si riesce a metterle in opera per una serie di situazioni contingenti, ma credo che la coscienza di ciò che deve essere fatto sia il primo passo per raggiungere un obiettivo.

Come arrivano i ragazzi a fare sport: 

  •  Messaggi pubblicità: dai corn flakes, ai giornali, ai compagni di scuola, alla Tv, ai video giochi dove ci si disegna campione (play station)! 
  •  Spinta del genitore: ex atleta, sue mancate aspirazioni 
  • Compagni di scuola, amici 
 Questi messaggi sono molto spesso improntati alla competitività esasperata, al vincere ed primeggiare tra gli altri come unica strada di fare sport.

Il non riuscire nello sport è un vedersi diminuito come immagine verso gli altri (genitori, compagni) e verso se stessi. E’ meglio andare male a scuola che non riuscire nello sport (secchione!)

Il riuscire all’opposto da spesso una prospettiva sbagliata di se stessi nella vita ed una sensazione di intoccabilità!

Da tutto ciò nasce una situazione di stress che va gestita dagli istruttori e dai genitori attraverso un corretta comunicazione tra: 

 1) Atleti – Istruttori 
  •  E’ la relazione più importante e può essere danneggiata da improprie critiche da parte dei genitori. 

 2) Genitori – Istruttori: quanto il tipo di rapporto influisce in modo diretto sull’atteggiamento e sul comportamento del giovane atleta nei confronti dello sport, non è facile definire ma la sua importanza è a mio parere sostanziale. 

  • Cosa il coach deve comunicare ai genitori:
  1. Filosofia di gioco del coach 
  2. Aspettative sul ragazzo
  3. Organizzazione degli allenamenti 
  • Cosa comunicare all’allenatore 
  1. Avere un primo contatto positivo presentandosi e proponendo una collaborazione 
  2. Preoccupazioni particolari: comunicate direttamente al coach (problemi caratteriali, fisici, etc.). 
  3. Problemi pratici (concomitanze di orari, studio, etc.) 
  4. Specifiche preoccupazioni riguardo alla filosofia ed alle aspettative del coach. 
  • Di cosa discutere con il coach 
  1. Il trattamento riservato al figlio, mentalmente e fisicamente 
  2. Modi per aiutarlo a crescere 
  3. Preoccupazioni per il suo comportamento 
  • Di cosa non parlare con l’allenatore 
  1. Tempo di gioco 
  2. Strategie di gioco 
  3. Schemi chiamati 
  4. Di altri giocatori 
  • Come fare se ci sono cose di cui parlare con l’allenatore 
  1. Fissare un appuntamento lontano dalla partita e dall’allenamento, in una situazione tranquilla e riservata.

 3) Genitori – Atleti 

  • Non cercare di vivere attraverso tuo figlio. 
  • Se credi che l’allenatore non stia svolgendo un buon lavoro, non comunicarlo a tuo figlio. 
  • Non dare suggerimenti tecnici durante la partita.

    d) Non dare un cattivo esempio urlando contro arbitri ed avversari. 

Scegliere lo sport giusto: 

  • Molti esperti sostengono che i ragazzi devono scegliere lo sport, a mio parere è vero solo in parte poiché sono troppi i messaggi che bombardano i ns. giovani e come genitore si dovrebbe riuscire ad aiutarli. 
  • Non vediamo solo gli sport di squadra, esistono altri sport in cui si può partecipare con più facilità non scartiamo a priori l’atletica, la canoa, la vela o altri sport che tra l’altro hanno il vantaggio di poter essere praticati per tutta la vita. 

Fattori nella scelta dello sport: 

  • Il figlio sceglie perché…. Amici, genitori, tv, etc. 

In un secondo momento si rende conto che non riesce, diamogli l’opportunità di cambiare. Cerchiamo di capire perché vuole cambiare: il coach, la competitività, l’inadeguatezza. 

  • Il carattere svolge una funzione molto importante, non insistere con un figlio timido a partecipare ad uno sport di squadra quando per lui la corsa di lunga distanza è una situazione con cui si trova bene. 
  • La domanda centrale è “mio figlio si diverte nel fare sport?” 

La scelta dell’allenatore

Insieme alle abilità tecniche i ragazzi imparano l’importanza di riuscire in un compito, il valore di avere una passione sportiva le ricompense del lavoro di gruppo, la gioia di raggiungere un obiettivo, l’importanza di sforzarsi per eccellenza, l’appoggio di un adulto premuroso ed il gusto dolce di realizzare il successo. 

Il programma va in difficoltà quando l’allenatore stressa eccessivamente il concetto di vittoria mettendo in secondo piano gli altri benefici dello sport. L’allenatore deve 
  • Saper insegnare e non solo avere conoscenze tecniche 
  • Dare entusiasmo, con la voce, con l’esempio sul campo 
  • Saper ascoltare, avere capacità di comunicare: Il rispetto nasce anche dal dimostrare la volontà di ascoltare gli atleti per tirare fuori che cosa hanno dentro e che aiuto richiede. 
  • Comprendere l’importanza dei piccoli problemi, la gelosia tra compagni per esempio. 

Il genitore deve:

  •  Aiutare il figlio a sviluppare una sana aspettativa personale, accettando successi e fallimenti che derivano dal praticare uno sport. Questo è uno dei suoi compiti principali. 
  • Parla con tuo figlio lontano dalla partita o dalla gara. 
  • Cerca di stimolarlo a parlare ad esprimere ciò che sente, ciò che gli piace dell’allenamento, le sue esperienze. Ci vorrà tempo perché inizi a parlare.
  • Cerca di creare l’auto coscienza di ciò che ha fatto di buono, anche se la squadra ha perso. Se ha giocato male cerca di parlare di cosa ha imparato dagli errori fatti e cosa fare per migliorare in vista delle prossime partite. 
  • Comprendere la sensibilità dei ragazzi e quando arriva di cattivo umore condividi i suoi sentimenti, fagli sentire che hai capito. Dagli una prospettiva più ampia della situazione. 

 Cosa fare con un figlio non atleta: ci sono tante altre possibilità di vivere lo sport, allenatore, giornalista, statistiche, arbitro…!

“Primo l’atleta, secondo vincere” ma il vincere ha un suo valore, si deve imparare dalle vittorie come dalle sconfitte ed occorre spiegarlo ai ragazzi che percepiscono la differenza.

Il modo in cui il ragazzo reagisce allo stress dipende dall’allenatore e dai genitori.

In una ricerca di USA TODAY confermata da molti psicologi si sottolinea che una gran parte dei problemi è creata da genitori che hanno imparato ciò che sanno dello sport dal guardare lo sport professionistico in televisione e si aspettano che i loro figli usino le stesse strategie e tecniche usate dai professionisti. Da genitore ed allenatore bisogna ricordare che non ci si può aspettare da un ragazzo di essere un mini professionista, innanzitutto è un bambino e poi un giovane atleta.

Ma quale che sia il programma sportivo di tuo figlio la cosa più importante è di trasmettergli un amore incondizionato. 

 Negli Stati uniti è uscito un libro, che sta avendo un gran successo, che titola: Will You Still Love Me If I Don’t Win? (Mi vorrai bene se non vinco?)
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Ecco perché lo sport è pericoloso (da un testo di Mauro Berruto)

Si intitola “Ecco perché la pallavolo è lo sport più pericoloso che esista” un post pubblicato su eticamente.net (in fondo c’è il link diretto all’articolo) e ho trovato stimolante e utile ciò che dice Mauro Berruto, l’allenatore della nazionale italiana di pallavolo maschile (è pubblicato in ‘Sogni di gloria. Genitori, figli e tutti gli sport del momento’, per la collana “Save the parents”, Scuola Holden, edito da Feltrinelli). Il ct azzurro fa riflettere con una metafora sull’individualismo portato ormai all’esasperazione, il “vincere a tutti i costi” che conta più della condivisione e della partecipazione. Perciò lo sport (in particolare quello di squadra, come la pallavolo o tanti altri) è pericoloso, perché può far nascere unione, condivisione, affiatamento.

«Mi rivolgo a voi in quanto esseri adulti, razionali e con la testa ben piantata sulle spalle – scrive Mauro Berrutocommissario tecnico della nazionale italiana di pallavolo maschile – preferisco essere proprio io a dirvelo, con cognizione di causa e prima che lo scopriate sulla vostra pelle: la pallavolo è lo sport più pericoloso che esista. Vi hanno ingannato per anni con la storia della rete, della mancanza di contatto fisico, del fair play.

Ci siamo cascati tutti, io per primo, il rischio è molto più profondo subdolo. Prima di tutto questa cosa del passaggio: in un mondo dove il campione è colui che risolve le partite da solo, la pallavolo, cosa si inventa? Se uno ferma la palla o cerca di controllarla toccandola due volte consecutivamente, l’arbitro fischia il fallo e gli avversari fanno il punto.

Diabolico ed antistorico: il passaggio come gesto obbligatorio per regolamento in un mondo che insegna a tenersi strette le proprie cose, i propri privilegi, i propri sogni, i propri obiettivi. (…) Accidenti, ci mettiamo tanto ad insegnare ai nostri figli di girare al largo da certa gentaglia, a cibarsi di individualismo, a tenersi distanti da quelli un po’ troppo diversi e poi li vediamo tutti ammassati in pochi metri quadrati, a dover muoversi in maniera dannatamente sincronica, rispettando ruoli precisi, addirittura (orrore) scambiandosi un “cinque” in continuazione.

Non c’è nessuno che può schiacciare se non c’è un altro che alzanessuno che può alzare se non c’è un altro che ha ricevuto la battuta avversaria.

Una fastidiosa interdipendenza che tanto è fondamentale per lo sviluppo del gioco che rappresenta una perfetta antitesi del concetto con cui noi siamo cresciuti e che si fondava sulla legge: “La palla è mia e qui non gioca più nessuno”. (…) Insomma questa pallavolo dove la squadra conta cento volte più del singolo, dove i propri sogni individuali non possono essere realizzati se non attraverso la squadra, dove sei chiamato a rimettere in gioco sempre ed inevitabilmente quello che hai fatto, diciamocelo chiaramenteè uno sport da sovversivi!
Potrebbe far crescere migliaia di ragazzi e ragazze che credono nella forza e nella bellezza della squadra, del collettivo e della comunità. Non vorrete correre questo rischio, vero? Anche perché, vi avviso, se deciderete di farlo, non tornerete più indietro».

Mauro Berruto
Commissario Tecnico della nazionale maschile di pallavolo

(Testo pubblicato sul volume ‘Sogni di gloria. Genitori, figli e tutti gli sport del momento’ della collana ‘Save the parents’ di Scuola Holden edito da Feltrinelli)

http://www.eticamente.net/38296/pallavolo-sport-pericoloso-ecco-perche.html

e qui il link della collana Feltrinelli:

http://www.scuolaholden.it/produzioni-holden/progetti-editoriali/save-the-parents/

Video

Klay Thompson, 37 punti in un quarto, record NBA

Klay Thompson, 37 punti in un quarto, record NBA

Questa notte Klay Thompson si è esibito in una straordinaria prestazione: bellissima la sua tecnica di tiro, compatta, fluida, con la ricerca continua del ritmo da un arresto ad un tempo!

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Video

I 10 migliori tiratori da 3 punti dell’NBA

Come tutte le classifiche è opinabile, ma il video è bello.

Questi i criteri utilizzati:

1) Percentuale di tiro

2) Capacità di crearsi un tiro

3) Capacità di realizzare i tiri vincenti

 

 

Citazione

Cultura del sacrificio

Vi segnalo una interessante riflessione dal l’Ebook “Pensare Marco Belinelli” di Moris Gasparri, giornalista, cofondatore de Lo Spazio della Politica dove si occupa di geopolitica & cultura globale dello sport.

“La pratica di uno sport ammaestra sul rapporto tra coerenza e risultato. “Soffri, ma sogni”: così l’indimenticato Pietro Mennea sintetizzava il senso dell’impegno sportivo praticato ad alti livelli.

Questo aspetto rappresenta un grande e, per la verità, poco riconosciuto contributo culturale ed educativo dello sport, che acquista un significato ancor maggiore in Italia, dove spesso esiste una cultura del successo fortuita, per cui si arriva al vertice con un colpo del caso, una comparsata televisiva o un aiuto parentale, senza studio e sacrifici costanti nel tempo.”

 

 

L’importanza del rispetto nel basket

Dal sito  Hoopskills un articolo di Coach Brian Schofield http://www.hoopskills.com/the-importance-of-respect

«Quando ero un ragazzino mio padre mi prese da parte un giorno e mi disse qualcosa che non ho mai dimenticato. Mi disse che era di gran lunga più importante per lui che la gente pensasse a suo figlio come ad un bravo ragazzo rispettoso piuttosto che ad un buon giocatore di basket.

Questo concetto non mi ha mai lasciato. Oggi a volte sembra di vivere in un’epoca completamente diversa. Recentemente ho visto una partita di basket estivo AAU (l’organizzazione americana no profit, Amateur Athletic Union), dove, durante un time out, uno dei giocatori ha iniziato ad urlare all’allenatore “Lasciaci tirare e basta!”.

L’allenatore ha abbassato la testa e non ha fatto nulla, mentre il giocatore è tornato in campo e gli è stato permesso di continuare a giocare. Questo non sarebbe mai accaduto con uno qualsiasi degli allenatori con cui ho giocato, e neanche di certo con mio padre.

Durante una partita di baseball, avevo 10 anni, mi trovavo sul monte di lancio ed ho iniziato a piangere perché non riuscivo a giocare bene. Quando mio padre ha cercato di darmi un consiglio dalla panchina, gli ho urlato qualcosa contro. Con calma mi è venuto incontro in campo e mi ha dato una lezione sul rispetto. Mi spiegò chiaramente che lui era il coach e si stava prendendo le sue responsabilità per aiutarmi nelle scelte.

Ho scelto di mancare di rispetto a lui urlando dal campo e lui sceglieva di portarmi fuori dal gioco perché era ciò che ogni buon allenatore deve fare. Ripensando a quell’evento una cosa che spicca per me è il fatto che mio padre non ha aspettato di arrivare a casa per darmi una lezione. Non ha fatto finta che non fosse accaduto niente, ha agito immediatamente e ne ha fatta una occasione di insegnamento.

Non so se avrebbe avuto un impatto così forte su di me per tutta vita se lui avesse ignorato la situazione durante il gioco per poi punirmi a casa. Penso che gli allenatori debbano prendere a cuore queste cose. Si deve approfittare dei momenti di insegnamento e ottenerne il massimo. Non scegliere la via più facile.

Dato che i nostri lettori sono composti sia da giocatori sia da allenatori voglio rivolgermi ad entrambe le categorie per puntualizzare questo aspetto.

Gli allenatori non dovrebbero mai permettere che i giocatori possano ottenere il meglio di loro mancandogli di rispetto. Ciò significa che quando si sta cercando di ottenere grandi risultati  non si devono consentire alcune cose:

1. Non permettere mai di interrompere e parlare mentre il coach sta parlando. Questo è un segno palese di mancanza di rispetto. Se insegni o alleni la spiegazione è per tutti, quindi tutti hanno bisogno di ascoltare. Qualsiasi giocatore che sta parlando, mentre tu stai parlando deve essere richiamato apertamente e immediatamente per correggere il comportamento e per spiegare come ci si deve comportare

2. Non permettere ad un giocatore di rispondere al coach. Nessun giocatore è sopra di voi o la squadra. Quando ero al liceo ho giocato con un ragazzo che è diventato una stella al college ed ha giocato per diversi anni in Eurolega. Questo giocatore era più bravo di tutti noi, e lo sapeva, ma il nostro allenatore non gli concesse mai alibi,  non sorvolò mai su nulla. Diversi allenamenti sono terminati con questo ragazzo nello spogliatoio per la sua mancanza di rispetto verso gli allenatori. Credo che tutto ciò sia stato positivo per lui visto i successi che ha avuto nella sua carriera. Forse dipende dal fatto che i coach non gli hanno mai permesso di essere irrispettoso. Se gli avessero permesso di fare ciò che voleva mi chiedo se avrebbe avuto lo stesso successo. Ne dubito.

3. Non permettere a nessun giocatore di mancare di rispetto ad un  compagno di squadra. Ciò significa che non si consente di sminuire o ridicolizzare alcun compagno per qualsiasi motivo. Gli allenatori devono avere il controllo e quando un altro giocatore sminuisce un compagno ciò danneggia realmente la squadra e da l’idea alla squadra che il coach supporti questo tipo di comportamento.

Un giocatore dovrebbe tenere a mente queste cose. Se si hanno problemi li si devono affrontare e risolvere fuori dal campo. Nessun allenatore vuole essere messo in imbarazzo e la maggior parte non lo tollera affatto. Ho visto molti allenamenti di  Coach Rick Majerus a Utah University: non appena un giocatore apriva la bocca durante l’allenamento veniva messo a tacere e gli faceva un gran culo.

I giocatori devono conoscere il proprio ruolo e capire che nessun individuo è sopra la squadra e l’allenatore ha la responsabilità di proteggere tutto ciò. Siate rispettosi e ascoltate. Se non siete d’accordo, parlate con l’allenatore più tardi e in privato. Affrontare queste situazioni nel modo corretto permette di maturare al punto di sviluppare abilità che vi aiuteranno ad avere successo in ogni situazione della vostra vita.»

Brian Schofield

Posted by  on January 13, 2014

Video

Papanikolau: Indiana Move

Un classico, Indiana Move

http://youtu.be/qnNjA_KwSoc

Video

Euro Step: da Wade a Ginobili

Un movimento reso famoso da Manu Ginobili, ma che i vecchi giocatori ricordano insegnato dai grandi coach del passato…

Cinque motivi per cui i giocatori non raggiungono i loro sogni…

Dal nostro sito vivibasket.it, una interessante riflessione 

 
5. Danno ascolto a coloro i quali riempiono il loro ego invece che a quelli che dicono loro la verità.

4.Si aspettano che sia tutto facile e alla loro portata e non sono disposti al sacrificio per imparare. Le persone svogliate falliscono.

3.Sono così distratti da non concentrarsi su quello che è necessario per avere successo.

2.Non credono sufficientemente in se stessi. Sono insicuri, stressati, spaventati, dubbiosi, e non ci credono mai fino in fondo.

1.Semplicemente non ci arrivano! Non comprendono quanto deciso impegno e persistenza siano necessari per farcela.

http://www.hoopskills.com

Video

Kiki Vandeweghe: tecnica e semplicità

In questo video di una sua straordinaria prestazione, 51 punti, Kiki Vandeweghe, ala di 201, stella dei Denver Nuggets, fa un vero e proprio clinic sui fondamentali di attacco. Uso del piede perno, tecnica di tiro, partenze in palleggio, lettura della difesa, gioco senza palla, tecnica del passaggio. Realizza tanti punti con una semplicità disarmante.
Ho avuto la fortuna di conoscerlo e vederlo allenare da Pete Newell, con l’umiltà e l’impegno di un ragazzino lavorava per migliorare l’uso dei suoi fondamentali pur essendo già una stella dell’NBA.

Kiki Vandeweghe

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