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Citazione

Cultura del sacrificio

Vi segnalo una interessante riflessione dal l’Ebook “Pensare Marco Belinelli” di Moris Gasparri, giornalista, cofondatore de Lo Spazio della Politica dove si occupa di geopolitica & cultura globale dello sport.

“La pratica di uno sport ammaestra sul rapporto tra coerenza e risultato. “Soffri, ma sogni”: così l’indimenticato Pietro Mennea sintetizzava il senso dell’impegno sportivo praticato ad alti livelli.

Questo aspetto rappresenta un grande e, per la verità, poco riconosciuto contributo culturale ed educativo dello sport, che acquista un significato ancor maggiore in Italia, dove spesso esiste una cultura del successo fortuita, per cui si arriva al vertice con un colpo del caso, una comparsata televisiva o un aiuto parentale, senza studio e sacrifici costanti nel tempo.”

 

 

L’importanza del rispetto nel basket

Dal sito  Hoopskills un articolo di Coach Brian Schofield http://www.hoopskills.com/the-importance-of-respect

«Quando ero un ragazzino mio padre mi prese da parte un giorno e mi disse qualcosa che non ho mai dimenticato. Mi disse che era di gran lunga più importante per lui che la gente pensasse a suo figlio come ad un bravo ragazzo rispettoso piuttosto che ad un buon giocatore di basket.

Questo concetto non mi ha mai lasciato. Oggi a volte sembra di vivere in un’epoca completamente diversa. Recentemente ho visto una partita di basket estivo AAU (l’organizzazione americana no profit, Amateur Athletic Union), dove, durante un time out, uno dei giocatori ha iniziato ad urlare all’allenatore “Lasciaci tirare e basta!”.

L’allenatore ha abbassato la testa e non ha fatto nulla, mentre il giocatore è tornato in campo e gli è stato permesso di continuare a giocare. Questo non sarebbe mai accaduto con uno qualsiasi degli allenatori con cui ho giocato, e neanche di certo con mio padre.

Durante una partita di baseball, avevo 10 anni, mi trovavo sul monte di lancio ed ho iniziato a piangere perché non riuscivo a giocare bene. Quando mio padre ha cercato di darmi un consiglio dalla panchina, gli ho urlato qualcosa contro. Con calma mi è venuto incontro in campo e mi ha dato una lezione sul rispetto. Mi spiegò chiaramente che lui era il coach e si stava prendendo le sue responsabilità per aiutarmi nelle scelte.

Ho scelto di mancare di rispetto a lui urlando dal campo e lui sceglieva di portarmi fuori dal gioco perché era ciò che ogni buon allenatore deve fare. Ripensando a quell’evento una cosa che spicca per me è il fatto che mio padre non ha aspettato di arrivare a casa per darmi una lezione. Non ha fatto finta che non fosse accaduto niente, ha agito immediatamente e ne ha fatta una occasione di insegnamento.

Non so se avrebbe avuto un impatto così forte su di me per tutta vita se lui avesse ignorato la situazione durante il gioco per poi punirmi a casa. Penso che gli allenatori debbano prendere a cuore queste cose. Si deve approfittare dei momenti di insegnamento e ottenerne il massimo. Non scegliere la via più facile.

Dato che i nostri lettori sono composti sia da giocatori sia da allenatori voglio rivolgermi ad entrambe le categorie per puntualizzare questo aspetto.

Gli allenatori non dovrebbero mai permettere che i giocatori possano ottenere il meglio di loro mancandogli di rispetto. Ciò significa che quando si sta cercando di ottenere grandi risultati  non si devono consentire alcune cose:

1. Non permettere mai di interrompere e parlare mentre il coach sta parlando. Questo è un segno palese di mancanza di rispetto. Se insegni o alleni la spiegazione è per tutti, quindi tutti hanno bisogno di ascoltare. Qualsiasi giocatore che sta parlando, mentre tu stai parlando deve essere richiamato apertamente e immediatamente per correggere il comportamento e per spiegare come ci si deve comportare

2. Non permettere ad un giocatore di rispondere al coach. Nessun giocatore è sopra di voi o la squadra. Quando ero al liceo ho giocato con un ragazzo che è diventato una stella al college ed ha giocato per diversi anni in Eurolega. Questo giocatore era più bravo di tutti noi, e lo sapeva, ma il nostro allenatore non gli concesse mai alibi,  non sorvolò mai su nulla. Diversi allenamenti sono terminati con questo ragazzo nello spogliatoio per la sua mancanza di rispetto verso gli allenatori. Credo che tutto ciò sia stato positivo per lui visto i successi che ha avuto nella sua carriera. Forse dipende dal fatto che i coach non gli hanno mai permesso di essere irrispettoso. Se gli avessero permesso di fare ciò che voleva mi chiedo se avrebbe avuto lo stesso successo. Ne dubito.

3. Non permettere a nessun giocatore di mancare di rispetto ad un  compagno di squadra. Ciò significa che non si consente di sminuire o ridicolizzare alcun compagno per qualsiasi motivo. Gli allenatori devono avere il controllo e quando un altro giocatore sminuisce un compagno ciò danneggia realmente la squadra e da l’idea alla squadra che il coach supporti questo tipo di comportamento.

Un giocatore dovrebbe tenere a mente queste cose. Se si hanno problemi li si devono affrontare e risolvere fuori dal campo. Nessun allenatore vuole essere messo in imbarazzo e la maggior parte non lo tollera affatto. Ho visto molti allenamenti di  Coach Rick Majerus a Utah University: non appena un giocatore apriva la bocca durante l’allenamento veniva messo a tacere e gli faceva un gran culo.

I giocatori devono conoscere il proprio ruolo e capire che nessun individuo è sopra la squadra e l’allenatore ha la responsabilità di proteggere tutto ciò. Siate rispettosi e ascoltate. Se non siete d’accordo, parlate con l’allenatore più tardi e in privato. Affrontare queste situazioni nel modo corretto permette di maturare al punto di sviluppare abilità che vi aiuteranno ad avere successo in ogni situazione della vostra vita.»

Brian Schofield

Posted by  on January 13, 2014

Digressione

Da una giornata di sport un flashback tra passato, presente e futuro Continua a leggere

Cinque motivi per cui i giocatori non raggiungono i loro sogni…

Dal nostro sito vivibasket.it, una interessante riflessione 

 
5. Danno ascolto a coloro i quali riempiono il loro ego invece che a quelli che dicono loro la verità.

4.Si aspettano che sia tutto facile e alla loro portata e non sono disposti al sacrificio per imparare. Le persone svogliate falliscono.

3.Sono così distratti da non concentrarsi su quello che è necessario per avere successo.

2.Non credono sufficientemente in se stessi. Sono insicuri, stressati, spaventati, dubbiosi, e non ci credono mai fino in fondo.

1.Semplicemente non ci arrivano! Non comprendono quanto deciso impegno e persistenza siano necessari per farcela.

http://www.hoopskills.com

Video

Ettore Messina: il senso dello sport

In una intervista della passata stagione (purtroppo solo in inglese), Ettore ci parla, con grande chiarezza, del suo modo di intendere la metafora sport-vita!

Genitori-figli: scuola, sport e responsabilità

La maniera migliore per mettere in punizione un figlio è “togliergli il basket”? Accade troppo spesso, come se la causa dei problemi scolastici fosse il tempo speso in palestra.
 
La nostra Tonia Bonacci ci aiuta:
 
«Niente palestra “per punizione”? No, non insegna nulla, e non serve neanche ad ottenere maggior impegno e risultati nello studio da parte del ragazzo. Ma questo tipo di punizione cosa significa davvero? E quale messaggio trasmettiamo ai nostri figli con questo comportamento?
13d8281In pratica non si fa altro che rendere legittimo il venir meno ad un impegno preso in precedenza coi compagni, con l’allenatore, con tutto il gruppo. Stiamo comunicando al ragazzo che “non è importante far parte di un gruppo che condivide obiettivi”. Lo autorizziamo a non osservare una regola, che prima era condivisa e accettata, e ora invece diventa priva di significato. Non gli insegniamo a prendere decisioni con responsabilità e a sapersi organizzare tempi e spazi in modo utile (nonostante poi nella vita lo si pretenda!).
Per questo da anni insistiamo su incontri di formazione per genitori, per sensibilizzarli in particolare su quei delicati temi educativi che sviluppano nei ragazzi la capacità di imparare a diventare responsabili.

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Basket, arbitri e tempi moderni

Trovo una mia nota del 2011 penso sia ancora molto attuale

Ho allenato per la prima volta nel 1974, arbitravano Nando Giordano e Gianni Montella, il primo neo promosso ed il secondo arbitro già affermato. Giocavamo all’aperto in via Petrarca nel campo pentagonale, omologato per l’occasione. Erano i primi Giochi della Gioventù, ma due arbitri esperti come loro erano pronti a spiegare ai ragazzi, oltre che a me, giovane ed esuberante allenatore, cosa fare o non fare, con grande educazione.
In un’amichevole con il Centro Basket Campano, del compianto Enrico Cascella, mi arbitrò un ragazzo ricciolino, era stato buon giocatore e che aveva deciso di fare l’arbitro: Rino Colucci.
Mi è capitato addirittura, in una partita dell’allora Trofeo Propaganda, di vedere chiusa una partita… in parità! E l’arbitro, Gianni Alberto, un amico che smise presto, quando portò il referto al Comitato Zonale (a quei tempi in Partenope), prese una clamorosa lavata di testa dal grande Gigino Ciampaglia.
Era normale vedere gli arbitri di Serie A aiutare i colleghi più giovani, e di conseguenza anche i giocatori e gli allenatori. Dirigevano le partite con grande impegno e seria volontà formativa verso tutto il movimento.

La mia prima partita con una squadra nazionale fu arbitrata da Costas Rigas, grande fischietto greco, che oggi è l’attuale Commisioner per l’Eurolega. Rigas era venuto al seguito della nazionale Under 17 per allenarsi in vista dei mondiali. Eravamo a metà luglio in un’assolata palestra di Monza.

In un torneo in Olanda con una squadra di diciassettenni (una squadra ricca di talento, e cito Marconato, Galanda, Scarone giusto per fare qualche nome), ci accompagnò Alessandro Teofili, che si unì a noi come uno scolaretto, aiutandoci a fare crescere i ragazzi giorno dopo giorno.

In serie A ho esordito con Fiorito e Martolini, diversi ma sempre capaci di farsi rispettare senza urlare. Alla fine della partita (vincemmo a Treviso, per la cronaca), furono pieni di consigli per un giovane catapultato in A1.

In Grecia vincemmo un Europeo davanti a 5000 persone con due ottimi arbitri, Jones ed un giovanissimo Araujo (che poi arrivò ai massimi livelli mondiali). Nonostante la baraonda generale, i due arbitri furono capaci di chiudere la partita senza farsi travolgere dall’isteria collettiva (e chi vuol gustarsi la chicca può trovare il video sulla mia bacheca http://youtu.be/Bu_JShL0V_0).

Erano i tempi in cui Ninì Ardito spiegava pallacanestro in Italia (attenzione, ho detto Pallacanestro, non teoria politica!!!). Solo a quelli più bravi cominciava a parlare di vantaggio o svantaggio. Oggi resto sgomento quando incontro giovani arbitri che rispondono con maleducazione e supponenza, spesso non conoscono neanche la tecnica e si trincerano dietro al “regolamento”.

Sarà il segno dei tempi, e succede un po’ anche con i miei ragazzi, ma io che sono tornato ad allenare dopo anni di teoria, provo a dare loro tutto. Provo a dare tutto utilizzando ciò che conosco, spesso con durezza ma senza paura di perdere qualcuno. Le regole devono essere chiare: si deve saper essere genitori e non fratelli, sapersi far carico del proprio ruolo.