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Vivi Basket, la Fondazione Laureus e le nostre bimbe 

Siamo arrivati al 6° anno di collaborazione con la fondazione Laureus, un rapporto proficuo, con tanti bambini e bambine che hanno giocato nelle nostre palestre. Il lavoro condotto da Arnaldo Rossi, Edy Pacchioli ed Enzo Moschetti, con la collaborazione della SIPI, sta portando i suoi frutti.

La Neghelli, storica base del Progetto, con i continui cambi di dirigenti ha vissuto alti e bassi, e comunque circa 70 allievi della scuola possono da 5 anni fare attività gratuitamente in un quartiere con mille difficoltà. Il Polifunzionale ha un rapporto strettissimo con la Cooperativa Orsa Maggiore, legame che ha permesso diverse iniziative parallele, ed è diventata la casa in cui convergono i ragazzi che, completato  l’accompagnamento della Fondazione Laureus, passano all’agonistica.

10420122_875734665806606_4436964351283041141_nDa tre anni abbiamo messo in campo una squadra femminile, abbiamo unito le bimbe dei due centri. E uno dei risultati più straordinari è stato che ,controllando gli iscritti al nostro centro Mini Basket, ho scoperto che su 133 ben 47 sono bambine!!! Mi piace mostrare questo video che abbiamo presentato alla fine della passata stagione durante la riunione di chiusura del Progetto Laureus a Napoli, in cui è ben rappresentato lo spirito con cui lavoriamo e il clima in cui crescono le bimbe!

Quest’anno le under 14 stanno giocando in tutta la regione con risultati oggettivamente superiori rispetto alla passata stagione, ma soprattutto sono diventate una squadra!

La Memoria nel presente

10426772_10152536616899047_8105166545993473800_nIn occasione della festa di chiusura di Vivi Basket che si è svolta a maggio 2014 ci era venuta a trovare Alberta Levi Temin, ebrea, novantaquattrenne, mamma di un mio caro amico, scampata ai rastrellamenti nel 1942.

Ho pensato che la sua testimonianza avrebbe potuto aiutare a crescere i nostri ragazzi.

La accompagnai al centro del campo ed iniziò a parlare. Siamo rimasti tutti ipnotizzati. I bambini, anche più piccoli, ascoltavano con grande attenzione, affascinati dalle sue parole. La realtà dura del suo racconto in palestra è esplosa:

«Io sono ebrea ma questo non fa nessuna differenza, Io non sono un’eroina, io mi sono salvata ma la mia gioventù è stata molto dolorosa. Ho perso tante persone care. Per quarant’anni non ho parlato. Ma qualcuno ha osato dire che i campi di eliminazione non c’erano stati. Non ce l’ho fatta più ed ho cominciato a parlare.

La vita è bella e bisogna viverla con gioia, e deve essere bella per tutti. Se avete un compagno di banco, di gioco, di studi, che è diverso da voi, che parla una lingua diversa, che ha un altro colore, lui è uguale a voi, perché siamo tutti uguali nel genere umano».

Perché la memoria deve essere testimoniata nel presente, in un momento in cui invece sta diventando normale essere contro: sud, nord, immigrati, cristiani, musulmani, bianchi, neri, gialli. Non ci si rende conto che non c’è grande differenza da ciò che è successo in quei terribili anni. Perciò dobbiamo ricordare, dobbiamo pensare. Altrimenti la giornata della memoria diventa una delle tante ricorrenze di maniera.