Un campione? Tim Duncan

Una strepitosa prestazione di Tim Duncan porta alla vittoria gli Spurs in gara 2 dei play off con i Clippers. Un vero clinic tecnico ed umano nell’intervista finale!

Tim Duncan Gara due con I Clippers

I 35 documentari di basket da non perdere!

Questa mattina ho trovato sulla timeline di Facebook questo bell’articolo che segnale 35 documentari di basket visibili su You Tube. Il link è postato da Matic Veselin, allenatore serbo giramondo, mio primo avversario internazionale nel lontano 1990 nella Coppa del Mediterraneo.

http://www.basketballforcoaches.com/35-best-basketball-documentaries/?utm_content=buffer6949e&utm_medium=social&utm_source=facebook.com&utm_campaign=buffer

Maurizio Cremonini, il Mini Basket ed il Basket

Maurizio Cremonini ha tweettato:

“@cremoninimauri: #italbasket #basket Da grande vincerai il trofeo delle regioni ! se sopravviverai al #minibasket degli incompetenti http://t.co/ApWIdeEvIZ”

C’è tanto da ragionare su questa affermazione.

Vera in parte ma sicuramente qualcosa che non va nel mini basket c’è! 

Fermo restando il concetto che nella propria palestra ognuno è libero di fare ciò che vuole. L’unica cosa certa è rispettare i bambini e farli innamorare del nostro gioco, il primo parametro per valutare un istruttore è la % di bambini che tornano in palestra, è una condizione necessaria ma non sufficiente!

Rifletteró e ci tornerò sopra. Nel frattempo mi piacerebbe conoscere la vostra idea!

 

Ettore Messina in una bella intervista su corriere.it

Ma qual è la via degli Spurs al basket?
«Una filosofia della pazienza, non saltare mai dei passi, cercare giocatori che magari altrove non hanno avuto successo e invece qui si combinano perfettamente. L’attenzione alle persone. Il senso del noi. L’incoraggiamento al dissenso».

Una bella intervista di Alessandro Pasini, inviato a San Antonio (Texas) su www.corriere.it

Nell’arena degli Spurs, in panchina con Ettore Messina mentre lì a pochi passi i campioni Nba si scaldano per il match con gli Houston Rockets. La «leggenda europea», come chiamano Messina negli States, è da quest’anno l’assistente allenatore della leggenda americana, Gregg Popovich. Due partite da solo le ha già guidate, e vinte, a novembre. E un giorno, si dice, tutto questo sarà suo.

«Se ne è parlato molto, però sinceramente credo che la successione sia lontana. Non solo con me, ma in assoluto. Popovich è bello carico e deciso a continuare».
Quelle due partite da capo allenatore – il primo non Usa della storia dell’Nba – sono però l’inizio di qualcos’altro, o no?
«È vero che tutti coloro che sono passati di qui hanno avuto la grande chance, dunque sarei bugiardo se dicessi che non ci penso. Non ora però».
E la paventata fine di uno storico ciclo dopo 5 titoli in 15 anni?
«Duncan potrebbe continuare una stagione, Ginobili anche, la squadra sta giocando bene, ne abbiamo vinte 9 di fila, siamo in entrati in forma playoff (iniziano il 18, ndr), pronti a difendere il titolo. Pensieri negativi non ci sono. Io ho tre anni di contratto: potrebbe essere interessante anche partecipare alla futura fase del rinnovamento. Questo è un club che ha strategie chiare per aprire un altro ciclo».
Nonostante le sue 4 Euroleghe, 10 campionati tra Italia e Russia, l’argento con gli azzurri agli Europei più tutto il resto, lei parla spesso di «venerazione» per Popovich.
«A volte al suo fianco mi sento piccolo».
Perché?
«Per il modo in cui prepara la partita, la cura dei dettagli, gli scenari che disegna, la freddezza di analisi: Pop è lucido persino nell’incazzatura…».
Il coach perfetto.
«Già. Tu lo senti e dici: vabbé, io sono scarso, e pazienza».
Se lo dice Messina, figuriamoci gli altri. Ma qual è la via degli Spurs al basket?
«Una filosofia della pazienza, non saltare mai dei passi, cercare giocatori che magari altrove non hanno avuto successo e invece qui si combinano perfettamente. L’attenzione alle persone. Il senso del noi. L’incoraggiamento al dissenso».
Ovvero?
«Popovich dice spesso: dammi un’opinione diversa, ne discutiamo e troviamo la soluzione. Magari a cena».
Laureato in Economia, lei nei seminari ai manager 15 anni fa insegnava che «la squadra in cui tutti si vogliono bene non esiste, e se esiste perde». La sua filosofia era già Pop prima di incontrare il maestro.
«Era così a Bologna, è così qui. Popovich discute anche con i suoi uomini carismatici come Parker, Ginobili e Duncan. Il confronto è un passaggio decisivo in ogni gruppo di lavoro».
Gli Spurs sono il tiki-taka del basket?
«Un paragone interessante. Anche per noi il passaggio è un fondamentale almeno quanto il tiro: devi sapere come, quando e a chi passare. In quel senso sì, lo siamo».
E poi siete internazionali: otto stranieri in rosa.
«Sì, ma la variabile decisiva è la continuità. Lo straniero qui non passa e va, si radica. Parker è a San Antonio dal 2001, Ginobili dal 2002. Storie lunghe. Come Danilovic a Bologna o D’Antoni a Milano».
Dalla via Emilia al Texas, secoli dopo ha ritrovato Ginobili e Belinelli.
«Curiosa la vita. Manu ha lo stesso entusiasmo di 13 anni fa. Marco lo avevo lasciato bambino e l’ho ritrovato uomo».
Lo Sperone che l’ha impressionata di più?
«Duncan».
Leonard, il migliore delle Finali 2014, potrà essere il suo erede?
«Difficile, personalità molto diverse. Però è un giocatore che ogni giorno ci sta stupendo un po’ di più».
Chi è il suo numero uno assoluto del 2015?
«Harden. Mi inquieta molto per come domina certe partite (non questa però, che i Rockets perderanno di 12 punti, ndr)».
Qual è il plus del sistema sportivo Usa?
«Meritocrazia. Quando sento parlare di quote giocatori comincio a preoccuparmi. Predeterminare così non serve, non solo nello sport».
Jordi Bertomeu, a.d. dell’Eurolega, al Corriere ha detto che il basket italiano è immobile.
«La realtà è quella, l’analisi è complessa. Concordo sulla questione palazzi: ci sono strutture bellissime ovunque in Europa tranne che da noi. Ma lo sport è lo specchio del sistema politico. In Italia c’è da tempo un chiaro problema di leadership. E se manca quella…».
Dieci anni all’estero tra Madrid, Mosca, Los Angeles e San Antonio significano…
«Sul piano lavorativo un’esperienza bellissima. Certo, l’Italia un po’ mi manca. Però penso che ormai il nostro sia diventato un meraviglioso paese dove andare solo in vacanza. E mi spiace».
San Antonio, invece, com’è?
«Mi ricorda i tempi di Treviso: molto verde, gente tranquilla, la scuola per mio figlio a 10 minuti. Città ideale».
Lei tornerebbe in Nazionale?
«Per ora c’è un eccellente allenatore e ciò che conta è conquistare l’Olimpiade. Se poi un giorno le cose dovessero cambiare e me lo chiedessero, ne sarei onorato».
Ma sarebbe possibile una gestione part time, metà in America, metà in azzurro?
«Non mi pongo adesso il problema».
Metta World Peace ha detto che la stima molto.
«Ai Los Angeles Lakers fu lui che quando mi vide la prima volta mi chiese chi avevo allenato, per capire chi fossi. Lui è un grande: un buon ragazzo al quale ogni tanto si chiude la vena».
Metta ha anche detto che gli Spurs possono rivincere il titolo.
«In corsa ci siamo di sicuro».
Metta World Peace e l’Italia: strana coppia?
«Ci serve sicuramente. Gli auguro di conservare serenità e entusiasmo fino alla fine della sua avventura».
A proposito: se pure lei dovesse cambiare nome, che cosa sceglierebbe?
«Gregorio Popovich».

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“Se”, poesia di Joseph Rudyard Kipling, scritta nel 1895.

“Se”, poesia di Joseph Rudyard Kipling, scritta nel 1895.

Se saprai mantenere la testa quando tutti intorno a te
la perdono, e te ne fanno colpa.
Se saprai avere fiducia in te stesso quando tutti ne dubitano,
tenendo però considerazione anche del loro dubbio.
Se saprai aspettare senza stancarti di aspettare,
O essendo calunniato, non rispondere con calunnia,
O essendo odiato, non dare spazio all’odio,
Senza tuttavia sembrare troppo buono, né parlare troppo saggio;

Se saprai sognare, senza fare del sogno il tuo padrone;
Se saprai pensare, senza fare del pensiero il tuo scopo,
Se saprai confrontarti con Trionfo e Rovina
E trattare allo stesso modo questi due impostori.
Se riuscirai a sopportare di sentire le verità che hai detto
Distorte dai furfanti per abbindolare gli sciocchi,
O a guardare le cose per le quali hai dato la vita, distrutte,
E piegarti a ricostruirle con i tuoi logori arnesi.

Se saprai fare un solo mucchio di tutte le tue fortune
E rischiarlo in un unico lancio a testa e croce,
E perdere, e ricominciare di nuovo dal principio
senza mai far parola della tua perdita.
Se saprai serrare il tuo cuore, tendini e nervi
nel servire il tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,
E a tenere duro quando in te non c’è più nulla
Se non la Volontà che dice loro: “Tenete duro!”

Se saprai parlare alle folle senza perdere la tua virtù,
O passeggiare con i Re, rimanendo te stesso,
Se né i nemici né gli amici più cari potranno ferirti,
Se per te ogni persona conterà, ma nessuno troppo.
Se saprai riempire ogni inesorabile minuto
Dando valore ad ognuno dei sessanta secondi,
Tua sarà la Terra e tutto ciò che è in essa,
E — quel che più conta — sarai un Uomo, figlio mio!»

If

If you can keep your head when all about you
Are losing theirs and blaming it on you;
If you can trust yourself when all men doubt you,
But make allowance for their doubting too:
If you can wait and not be tired by waiting,
Or being lied about, don’t deal in lies,
Or being hated, don’t give way to hating,
And yet don’t look too good, nor talk too wise;

If you can dream—and not make dreams your master;
If you can think—and not make thoughts your aim,
If you can meet with Triumph and Disaster
And treat those two impostors just the same:
If you can bear to hear the truth you’ve spoken
Twisted by knaves to make a trap for fools,
Or watch the things you gave your life to, broken,
And stoop and build ‘em up with worn-out tools;

If you can make one heap of all your winnings
And risk it on one turn of pitch-and-toss,
And lose, and start again at your beginnings
And never breathe a word about your loss:
If you can force your heart and nerve and sinew
To serve your turn long after they are gone,
And so hold on when there is nothing in you
Except the Will which says to them: “Hold on!”

If you can talk with crowds and keep your virtue,
Or walk with Kings—nor lose the common touch,
If neither foes nor loving friends can hurt you,
If all men count with you, but none too much:
If you can fill the unforgiving minute
With sixty seconds’ worth of distance run,
Yours is the Earth and everything that’s in it,
And—which is more—you’ll be a Man, my son!»

LA COLPA… È DEGLI ALTRI!

Ho trovato questo interessante articolo sul sito Allfootball scritto da Isabella Gasperini.

Criticare l’allenatore o i compagni di squadra danneggia il piccolo calciatore! Si cresce imparando a conoscere e superare i propri limiti, altrimenti si alimentano le insicurezze del bambino.

Capita spesso di sentir giudicare l’operato dell’istruttore di Scuola Calcio da parte dei genitori. A volte accade semplicemente per parlare un po’ e colmare con due chiacchiere il tempo di una partita o di allenamento. Altre volte, però, capita involontariamente di condire questo atteggiamento con giudizi, non sempre positivi, sull’istruttore e sul suo operato. Ora, ognuno può fare e dire ciò che vuole a patto che questo avvenga nel rispetto degli altri, e soprattutto del proprio figlio. In tal senso dare un giudizio sul mister di fronte a lui può rischiare di renderlo insicuro e indeciso in campo. Questo perché se un adulto di cui il bambino si fida ciecamente, trattandosi del proprio papà o della propria mamma, descrive in un certo modo una persona, per lui quella è una realtà indiscutibile, non un’opinione soggettiva di colui che la esprime. Per esempio se un bambino sente dire da mamma o da papà: “Questa maglietta rossa non ti sta bene” lui molto spesso non riesce a capire che si tratta di un giudizio personale. Pensa che il rosso sia un colore che non gli si addice in modo assoluto. Così se uno dei genitori critica l’istruttore o un compagno di squadra in virtù del suo punto di vista, per il figlio che ascolta ciò che afferma il proprio genitore rappresenta la verità assoluta. Dare giudizi personali su altri piccoli calciatori o sull’istruttore in presenza del giovane atleta, rischia di confonderlo inquinando oltretutto il rapporto che lui stabilisce con gli altri.

CRITICARE NON FA RIMA CON EDUCARE

A volte, con troppa superficialità, dopo una partita si tende a criticare le decisioni dell’allenatore o la prestazione della squadra. In questi casi oltre a inquinare l’idea che il bambino si fa degli altri, si svalorizzano dei punti di riferimento come l’istruttore o un compagno di squadra nei quali lui crede molto. Avere intorno persone che criticano induce per emulazione ad acquisire l’abitudine di disapprovare tutti, proiettando spesso sugli altri le responsabilità di una sconfitta o di un evento sportivo, come per esempio un’ammonizione, e così sfuma l’occasione di riconoscere le proprie manchevolezze. In questo senso può capitare che invece di rendersi conto di non aver giocato bene il bambino impari a giustificarsi adducendo capri espiatori. Ci si abitua così a dare la colpa all’arbitro, al mister, come si vede fare al papà o alla mamma. Un genitore che non riconosce i limiti del figlio e ha l’abitudine di concentrarsi sulla performance di altri non fa che rinforzare nel proprio bambino la brutta abitudine di spostare l’attenzione altrove invece di imparare da una sana autocritica. Così facendo si elude al giovane atleta l’opportunità di riflettere e capire dove ha sbagliato traendo da ciò degli spunti di crescita.

Riconciliarsi con la vita

Giornate come queste riconciliano con la vita. Rientro ieri sera tardi da Milano, come sempre in ritardo, c’è una cena per la presentazione del libro di Larry Sani, sono stanchissimo, ma vinco la pigrizia e vado. Da quel momento è andata. Una serata piacevolissima organizzata dai Charlatans, con tanti amici del basket, ricordi che si rincorrono, tra le parole di Lorenzo Sani, i racconti di Massimo SbaragliGiovanni Dalla LiberaMax Antonelli e Sergio Donadoni. La stanchezza si scioglie nella serenità della compagnia. Al resto ci pensa il mio splendido letto, lungo riposo che mi prepara alla lunga giornata.

Al risveglio mi trovo un messaggio che aspettavo da tempo, sembrava che un nostro appello si fosse perso nel nulla, ed invece arriva la chiamata, ci aiutano ed ancora per un anno ripartiremo con il nostro progetto.

Altra telefonata ed ancora una buona notizia con la possibilità di dare una mano a due amici lontani che lavorano in situazioni difficili, quando li chiamo per avvertirli che potranno avere degli aiuti, restano senza parole, è talmente difficile di questi tempi trovare qualcuno che ti dia una mano, che quando succede non ci si crede. Ed è una bellissima sensazione poterlo fare.

Una corsa alla Gloriette per provare una delle delizie preparate dai ragazzi dell’Orsa Maggiore aiutate dall’angelo custode Bianca: è meraviglioso vedere il sorriso di questi ragazzi, splendido poter in qualche modo collaborare con tutti loro. Poi di corsa a prendere due ragazzi dell’Under 13 per l’allenamento, c’è emozione in loro, l’idea della partenza per Varese li eccita, i primi scambi di messaggi con gli amici che li ospiteranno per Pasqua, in campo sono distratti ma reagiscono elettrizzati, si uniscono con i nuovi compagni che verranno con noi al Trofeo Garbosi.

La serata si chiude con una piacevole cena con due amiche, rigorosamente dietetica, ma iper rilassante.

Ci si deve credere, il nostro impegno quotidiano ha una risposta certa, la felicità, il sorriso delle persone che ci circondano.

Napoli si è scordata di Pino Daniele

Questa mattina una mia amica lontana mi ha inviato questo articolo su Napoli. Mi ha molto colpito, credo sia da leggere e rifletterci sopra…

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 (foto di Salvatore Laporta)

Era da un po’ di tempo che pensavo alla mia città. Cioè, alla mia città ci penso sempre, e penso che la amo, e che la odio, e che ci vorrebbe così poco per cambiarla, e che a cambiarla ci vuole così tanto che uno se ci pensa si avvilisce e gli viene voglia di mollare.

Poi ultimamente è uscito un articolo su Napoli, un articolo molto bello intitolato “Napoli non la capisce nessuno” che passava in rassegna i fallimenti grandi e piccoli, le sconfitte piccole e grandi di chi aveva tentato di portare una proposta culturale, politica, sociale che fosse, alternativa, e dopo un po’ se ne era stancato, si era venduto, aveva perso l’entusiasmo.

Quell’articolo mi colpì molto ma, per quanto ne condividessi una serie di spunti, mi lasciò l’amaro in bocca e un sacco di riflessioni.

“Napoli è una scusa per tutti”, pensai.

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Al Polifunzionale di Soccavo mille bimbi e 3 vs 3, per un’altra grande giornata di sport!

Il Polifunzionale di Soccavo vive un’altra giornata di sport con oltre 1000 bambini e bambine in campo per il Join The Game, torneo di 3 contro 3. Giocano le ragazze ed i ragazzi del 2001, 2002 e 2003 di tutta la provincia.

La manifestazione, organizzata dal Comitato Regionale Campano della FIP con patrocinio dell’Assessorato allo sport del Comune di Napoli e la collaborazione della ASD Palasoccavo del presidente Carmine Scotti con Vivi Basket, Flegrea e CB Pianura, riporta in primo piano la splendida struttura di Soccavo con i suoi tre campi. Un weekend di grande sport dopo il sabato con il Clinic Nazionale e la Megaride Volley l’impianto è gioiosamente invaso, perché, proprio come ha detto ieri Papa Francesco, «A Napoli è difficile vivere, ma non è mai triste»!

Perché Soccavo è un’isola di cultura dello sport

Vedere questa mattina oltre 250 persone affollare la palestra centrale del Polifunzionale di Soccavo mi ha riempito di gioia. Siamo al centro del Rione Traiano, purtroppo spesso al centro di notizie di cronaca nera. Ma il Polifunzionale è la dimostrazione che laddove si dà un’opportunità ai ragazzi la cultura della violenza non entra.

I bimbi e le bimbe del quartiere fanno attività grazie alla Fondazione Laureus, ma nelle palestre arrivano ragazzi da Pianura e da tutta la città, Basket e Volley sono le principali attività!

L’impianto avrebbe bisogno di manutenzione ma la voglia di fare sport delle società e la collaborazione dell’Assessorato allo Sport e dell’Assessorato al Patrimonio fa sì che si riesca a far funzionare questa struttura che lascia sbalorditi tutti coloro che la vedono per la prima volta.

CLINIC NAZIONALE