Archivi categoria: Cultura dello sport

Chat

Saper essere

In questi giorni ripensavo agli anni passati, a come il lavoro per noi allenatori sia cambiato e come siamo cambiati noi.

Ho ricevuto tre telefonate: la prima da un allenatore di alto livello che mi chiedeva di un episodio, purtroppo tipico di questi tempi, una polemica pubblica, inutile, in cui un allenatore, seppur bravo, critica pubblicamente un collega giovane. La seconda, con un altro allenatore di grande esperienza, che mi ha raccontato la paradossale esperienza che stava vivendo, in silenzio esemplare ma molto triste. La terza, da un giovane allenatore, che mi chiedeva un consiglio in un momento molto difficile, in cui il suo saper essere era messo, giocoforza, alla prova.

Per me la risposta viene sempre dalla storia, da ciò che mi hanno insegnato i miei grandi maestri: saper essere! Potranno dire che non siamo capaci di allenare ma, non dovranno mai poter dire che non ci sappiamo comportare. Tutto ciò comporta sacrifici, in alcune occasioni, ma il rispetto per noi stessi e per chi lavora con noi è inderogabile.

Ecco questo auguro alla nostra categoria, una grande crescita nei valori, una unione vera che ci porti ad essere rispettati e che ci venga sempre più riconosciuto il nostro ruolo nella pallacanestro. Ma tutto ciò può nascere solo dall’unità di intenti tra di noi, da come ci comportiamo. Ci aspetta un 2023 molto impegnativo, la nuova legge sul lavoro sportivo, il rinnovo del contratto LBA, la crescita delle nostra conoscenza, sempre più poliedrica, per essere al passo con la nuova realtà in cui viviamo ed operiamo.

Buon anno a tutti!

Roberto di Lorenzo

Chat

Ma che Fiorito non avesse del tutto ragione? Fino ad un certo punto… un’idea per il futuro

Ricordo che Paolo Fiorito dopo una partita a Fabriano, l’unica mia vera esperienza da professionsita, lontano da Napoli, mi disse “Roberto, sai qual’è il tuo problema, sei una persona perbene!” Rimasi un po’ scosso, ma dopo un anno e mezzo, quando chiesi di mandare via Ryan Lorthridge, americano lazzarone, come l’avrebbe definito Taurisano, che non contento di fare a modo suo ogni giorno, decise di non giocare una partita per salvare un compagno di scuderia, fui mandato a casa. Rifiutai di dimettermi, non c’era motivo, ma sbagliai subito dopo a non accettare Lugano e probabilmente chiusi lì la mia carriera da coach di squadre senior.

Tornai al mio amato settore giovanile ed in due anni demmo nuova vita alla nostra Alma Mater, la Partenope, triplicando gli iscritti, decisivi furono Sandro Di Falco, giurista di grande valore, con un glorioso passato come giocatore, allenatore e dirigente e Sandro Gelormini, ex rugbista, campione d’Italia con la Partenope, e importante commercialista. Sandro mi diede carta bianca, da amministratore delegato della Polisportiva, chiamò a fare il Presidente Vittorio Brun, della Napoletana Gas e coinvolgemmo di nuovo i soci fondatori, dall’Unione Industriali a tutte le aziende che, nel dopo guerra, ebbero la geniale idea di investire nello sport dando vita alla Partenope per dare un’opportunità di sport ai lavoratori ed ai loro figli.

UNA IDEA CHE POTREBBE AIUTARE A FAR RIPARTIRE LO SPORT IN QUESTO MOMENTO!

Da allora lavorare con i giovani è la mia vocazione, mi spingono gli insegnamenti del professore Salerno, coinvolgo gli amici, i genitori cerco di superare le difficoltà, ma la cometa è sempre quella del professore “Formare i ragazzi collaborando con le loro famiglie “

Ci ritroveremo dopo tutto questo e credo che la responsabilità individuale ed il saper essere farà la differenza, ecco perchè Paolo Fiorito non aveva del tutto ragione!

Chat

Paolo Maldini, saper essere

Vengo da una settimana di polemiche, proteste “urlate” per tutto.

Dai bambini, ai più grandi, genitori, allenatori, dirigenti, tutti pronti ad additare chi sbaglia.

Pochi a cercare di capire cosa che c’è di buono in ciò che si fa, o pensare a cosa fare per migliorare.

E stasera per caso vedo l’intervista a Paolo Maldini, con i giornalisti che cercano di polemizzare su rigori, ammonizioni, squalifiche. Lui non si scompone e passa oltre.

Da sempre un campione esemplare, in campo e fuori. Suo fratello è stato un buon giocatore di Basket, Paolo può insegnare tanto a tutti noi.

Chat

Grazie ARU!

Una storia lunga a lieto fine.

Per 10 anni è stata la nostra casa per la Serie C ed i campionati di Eccellenza e per tanti ragazzi napoletani.

Sono cresciuti tanti ottimi giocatori ma anche tanti ottimi studenti. Uno di loro oggi è ad Harvard.

Ci ha parlato la straordinaria Alberta Levi Temin, ipnotizzando 300 ragazzi e ragazze.

Due anni fa è stata chiusa per i lavori per l’Universiade, per noi e tanti altri un grande problema. Oggi è di nuovo splendente! C’è un grande merito che va all’ARU, nelle persone dell’ingegnere che ha seguito i lavori ed a Valerio Di Lernia che segue il Basket alle Universiadi ed a tutti quelli che hanno seguito i lavori, mi ritornano in mente le parole di Ciro Borriello, che mi diceva di aver fiducia ed oggi ci siamo!

In un sopralluogo fatto a marzo, Valerio, mi chiamò per seguirlo, si rilevò che il parquet, su di un lato, era danneggiato dalle perdite d’acqua, ed i canestri non erano più idonei.

Sono stati bravissimi ed hanno realizzato questo splendore che speriamo venga riconsegnato agli sportivi e preservato dall’incuria!

Grazie ARU, grazie a tutti!

Chat

Ciao Enzo

Era il 1973, dovevo far omologare il campo dei gesuiti a via Petrarca, andai al Coni a Santa Maria degli Angeli a parlare con il professor Salerno che mi presentò Enzo Caserta. Da allora ho avuto contatti sempre più forti con lui.

Per me erano il Basket, da quando in A li seguivo con la Partenope, non c’era partita a cui mancassi. Il campionato, le due Coppe Italia, la Coppa delle Coppe, e poi ci arrivai davvero in Partenope, accompagnato da un altro grande che ci ha lasciati, Salvatore Furnari.

Nel 1975 iniziai ad allenare la squadra Ragazzi B ed il mini basket.

Enzo era apparentemente burbero, uomo-società come pochi, preferiva attrarre su di se tutti gli scontri pur di proteggere la società ed il presidente. Anche io ebbi contrasti con lui ma alla fine tornava sempre il sereno.

Conosceva il regolamento come pochi, trovava sempre una soluzione, mille battaglie vinte con lui.

Quando la società passò al l’ingegner De Piano lui divenne il suo braccio destro, le decisioni tecniche le prendevano gli allenatori e lui operava. Antesignano del dirigente moderno! Una linea precisa che purtroppo oggi è spesso dimenticata: la proprietà che decideva budget ed obiettivi, l’allenatore che indicava le linee tecniche, scegliendo staff e giocatori, il DS che organizzava e conduceva la società senza interferire sul tecnico. Si vestiva spesso dei panni del cattivo per il suo presidente che poteva poi intervenire per mediare. Il PalaBarbuto è un po’ una sua creatura. Me lo ricordo con la Giulietta Sprint Veloce e, gli ultimi anni, con la sua 500.

Veramente simbolo di un mondo che non c’è più ma con intuizioni di modernità che noi tutti che lo abbiamo amato gli riconosciamo.

Mille ricordi mi passano davanti, dalle vittorie e sconfitte sui campi, alla sua maniacale precisione nelle trasferte: credo che non mangio più paillard e scaloppine da quando nel 1989 ho lasciato il Napoli Basket! Era il menu fisso con la pasta al pomodoro ed il riso all’inglese.

Ricordo il 1986 quando riuscimmo a convincere il Tau, suo coetaneo, a tornare, due anni splendidi dopo l’incubo della retrocessione della stagione precedente con me in panchina ma con Enzo e l’ingegner De Piano sempre a sostenermi.

Aveva avuto un ottimo passato come arbitro di Ok calcio fino alla serie A, era stato segnalinee del grande De Robbio, continuò per anni a fare l’osservatore per la FIGC.

Passó per l’avventura di Gianni Montella dalla B alla A2, ed in quella occasione ci rimise personalmente. Bello vedere stamattina, tra i primissimi, un saluto di Paolo Prato, torinese a quell’anno giocò a Napoli.

L’ultimo suo passaggio fu con il Napoli Basket di Mario Maione, come sempre eccezionale nel ruolo di segretario generale, perfetto nei rapporti con Federazione e Comune.

Chiusa quell’esperienza rimase sempre vicino a noi figli suoi nel basket, tutti quelli che gli sono stati vicini e lo hanno conosciuto da vicino. Ogni tanto mi chiamava per sapere come andavano le cose. Mi chiedeva del suo pronipote, non lo ha mai visto giocare, ma era felice quando gli dicevo che era come lui, silenzioso, concreto, non si arrendeva di fronte a nulla per raggiungere i suoi sogni.

Si è spento a 86 anni con a fianco la sua Pupa, compagna affettuosa di una vita, e con le persone che lo hanno conosciuto ed apprezzato diventandone figli e nipoti adottivi, molto più giovani lo adoravano ed assistevano come un papà. Ma resterà sempre il nostro Enzo, con il suo splendido sorriso.

Chat

NCAA Final Four e VAR: cultura dello sport

In Italia si discute insultando gli arbitri mentre nell’NCAA la semifinale che avrebbe qualificato per il titolo Auburn si decide su due fischi contestati con reazioni pacate da parte di tutti.

Questa la reazione del giocatore che ha commesso fallo concedendo i tre tiri liberi agli avversari che hanno dato la vittoria a Virginia:

“Non ho sentito nessun contatto”, ha detto Doughty con gli occhi iniettati di sangue. “Non pensavo di aver fatto fallo, ma gli arbitri pensavano diversamente e, come ho detto, ho fiducia nella loro decisione, amico, sempre. Ecco perché stanno arbitrando le Final Four. Ma avrò un possibilità di guardarlo da solo, e lo giudicherò io stesso. Sarò il mio arbitro personale. ”

A guardare il video il fallo c’è come forse un’altra infrazione precedente, che avrebbe ribaltato il risultato. Ma conta poco è esemplare il modo il cui si esprime una ragazzo di 23 anni e tutti coloro che commentano.

Questo l’articolo completo

http://www.espn.com/mens-college-basketball/story/_/id/26458859/the-foul-call-forever-overshadow-virginia-auburn-final-four

Giovani atleti ed istruttori

Tra le tante chiacchiere al vento che si fanno sul basket e sullo sport in genere, una che mi fa incazzare è quella sulla mancanza di istruttori e sulla formazione.

Io con i miei 65 anni posso dire di averle vissute tutte: dalla ricerca spasmodica di aggiornamenti, i mitici quaderni del CAF, ai clinic annuali con gli allenatori USA, ai corsi CNAG, alle mille opportunità cercate e offerte che ho potuto vivere. Al giorno d’oggi i giovani hanno format di istruzione straordinaria, che noi non potevamo sognarci e, se vogliono, sul web trovano di tutto.

Quali le grandi differenze? Le prospettive di lavoro, oggi pressoché nulle. La possibilità di andare a bottega da un maestro, io ne ho avute tantissime, le ho cercate e vissute con entusiasmo. Oggi le possibilità sono diminuite per due motivi: chi può e vuole andare a bottega solo per imparare, scambiare la propria collaborazione per apprendere? Ma anche quanti sono disposti ad insegnare ad un giovane?

A Napoli lanciammo un progetto in cui sono cresciuti tanti giovani e bravi allenatori, abbiamo proseguito anche senza la serie A, oggi è più difficile, le risorse e le strutture non ci sono ma è anche più difficile trovare chi è disposto a sacrificarsi. Quelli bravi dopo qualche anno rinunciano, come tanti giocatori, coscienti che non c’è futuro, iniziano a lavorare e allenano per hobby.

A Napoli i cinque principali centri minibasket lavorano solo per le quote, spesso istruttori scarsi e mal pagati, ragazzi bloccati perché perderli vuol dire perdere una quota.

I migliori istruttori devono accettare di lavorare sulla quantità perché fare qualità comporta spese, meglio tenerli tutti mediocri ed occuparli con feste e gemellaggi, ormai si diventa operatori turistici.

Poi arrivano le fantomatiche Academy, dove ci si sposta a partire dai 13/14 anni “per fare una esperienza”, in situazioni a volte imbarazzanti, con istruttori mal pagati ed alle prime armi. Si pagano rette mensili folli per una qualità mediocre e, soprattutto, ci vanno tutti, anche ragazzi che nulla possono sperare dal basket!

Quando sono più grandi arrivano pseudo procuratori che pur di guadagnare 100€ (ci è successo quest’anno) prospettano l’impossibile. A volte si riesce a stopparli, altre volte, purtroppo, si deve lasciarli naufragare! Una delle più belle soddisfazioni l’ho avuta qualche anno fa quando un mio ex giocatore con il padre, incontrati da avversari, vennero da me e dissero: “Coach, aveva ragione lei non dovevamo andare via così presto!”

I giovani allenatori puntano presto alle prime squadra, diventano specialisti video, passano le notti a scoutizzare avversari, la loro preparazione si ferma lì. Lentamente scalano la gerarchia ed arrivano al comando. Difficile che gli venga data l’opportunità di imparare ad insegnare. Spesso lavorano con bravi coach che, come loro, hanno sempre allenato squadre seniores. Eppure il bagaglio di conoscenze è più che buono, ma ad allenare i giovani non li si lascia. Ricordo che per decenni era d’obbligo allenare squadre giovanili oltre che fare gli assistenti, oggi con i ritmi delle prime squadre diventa quasi impossibile!

In questo momento, con Vivi Basket, viviamo una nuova realtà in cui, con gli amici di Cercola, proviamo a fare crescere ragazzi interessanti senza mai dimenticare il saper essere, il senso di realtà è di responsabilità. Non è facile: vorremmo avere con tutti un rapporto aperto, l’obiettivo è la loro crescita. Vorremmo avere al nostro fianco chi crede nelle persone, ancor prima della tecnica e dei risultati.

Ciò di cui sono più fiero è ciò che sono diventati i miei giocatori, in campo e fuori, gli allenatori a cui ho provato a trasmettere ciò che la mia famiglia ed i miei maestri hanno insegnato.

Ciò che mi fa rabbia è vedere che tanti potrebbero fare qualcosa di concreto invece preferiscono parlare senza conoscere o, ancora peggio, vivere di apparenze, di futili successi, ignorando i segnali di crisi che tutti viviamo.

Il passato è importante per disegnare il futuro, la società, il basket, i ragazzi sono cambiati, ma i principi sono gli stessi.

Io continuo a crederci ma mi sento sempre più una mosca bianca.

P.s. Cercando un’immagine per questa nota mi sono imbattuto in una sequela di dichiarazioni di intenti sul basket a Napoli e sul Mario Argento veramente imbarazzanti. Con un po’ di tempo farò una bella ricostruzione. Come diceva il professore Salerno, meglio 20 mini impianti in cui far crescere i ragazzi. Ma oggi anche questo è impossibile meglio una quota in più.

E parlo di quote fini a se stesse, dove non si insegna nulla e ci si guarda bene dal fare agonismo. Perché con le quote nell’agonismo non si fa nulla, mi vien da ridere a chi discetta su sistema meritocratico UK e CONI… è come parlare di NASA e aquiloni.

Il CONI può e deve far meglio ma senza una struttura scolastica seria, molto meglio questo sistema!

Chat

Il Trentino e Trento, esempio di cultura dello sport, Milano e gli haters

Ieri sera ho ammirato l’impresa di Trento che, meritatamente, ha superato l’Olimpia Milano conquistando la finale scudetto. Un risultato straordinario frutto di un grande lavoro organizzativo e tecnico, e della realtà sportiva della Provincia Autonoma di Trento, che con visione illuminata sostiene lo sport, la cultura, insomma svolge alla perfezione il suo compito, ciò che dovrebbe essere la regola per gli enti locali. 

Da 20 anni frequento il Trentino con la FIP, c’è una attenzione speciale per lo sport, per ogni sport di qualunque livello. Il CNA ha messo a punto il suo progetto Diventare Coach, co Ettore Messina, a Trento, al tempo c’era un assessore speciale come Ida Berasi, che con Toni Bridi, organizzava gli incontri. Il Trentino è la casa della Nazionale da anni con una disponibilità eccezionale!

Sono tre anni che provo ad avere Buscaglia e Trainotti al corso Allenatore Nazionale, per raccontare ai futuri allenatori la loro esperienza. Perché? Per dare una speranza a loro che si avvicinano a questo mondo, si può fare! E spero che questo sia l’anno buono!

Sono triste per Milano soprattutto per Flavio Portaluppi, mio ex giocatore in nazionale juniores, grande persona ed ottimo professionista!

Ma ciò che mi lascia basito sono i commenti violenti, pieni di insulti per tutti, si per tutti, perché ho trovato qualcuno che ha detto “non venitemi a parlare di programmazione per Trento…”.

Io non dico che non si possa criticare, ma perché insultare?

 Cosa deve rispondere Repesa a due giornalisti che fanno domande stupide, in quanto inopportune e fuori luogo.  Se non rispondere con due parole ed un sorriso?  Dovrebbe fare la classifica dei cattivi, pubblicamente dopo 15′ dalla fine della partita?

Ma restate sereni e divertitevi con il basket, se non vi piace fate altro, ma rispettate le persone! Soprattutto provate a pensare che chi fa certe scelte ha più titoli di voi per farle, se non vi piacciono contestate pure ma rispettate le persone!

Mauro Berruto, un uomo, un allenatore, un esempio.

Mi è già successo di citare Mauro Berruto nel mio blog, una persona che apprezzo per i suoi principi. Nel comunicato in cui spiega le sue dimissioni c’è una lezione per tutti.

Oggi ho comunicato al Presidente Carlo Magri la decisione di rimettere il mio mandato di Commissario Tecnico della Squadra Nazionale di pallavolo nelle mani Sue e del Consiglio Federale.
Il clima generatosi intorno alla squadra, in relazione al provvedimento disciplinare nei confronti di quattro atleti da me deciso in occasione della Final Six di World League a Rio de Janeiro, mi ha reso consapevole di non sentire più quella fiducia completa nel mio operato che sempre ho sentito e che è condizione necessaria per poter svolgere questo straordinario compito.

Il dolore di rinunciare al mio ruolo di CT a un mese dell’obiettivo verso il quale tutto il mio lavoro era stato indirizzato nel quadriennio olimpico, non è negoziabile rispetto alla difesa di valori che ritengo fondamentali quali il rispetto delle regole e della maglia azzurra. Valori che ritengo altresì fondamentali nella mia visione di sport.

La commovente risposta della squadra successiva alla mia decisione (la vittoria contro la Serbia e, ancora di più, la coraggiosa sconfitta contro la Polonia campione del mondo) mi restituisce la certezza che sui valori tutto si fonda.

Tengo tuttavia, amaramente, questa certezza solo per me, ringraziando di cuore i 13 protagonisti di quelle due partite, perché il coro di chi ha letto nella mia decisione incapacità di gestione, inadeguatezza al ruolo, danno economico o addirittura causa scatenante di una brutta immagine per il nostro movimento mi fa pensare che il rispetto delle regole sia diventato merce negoziabile davvero.

Se così è il mio passo indietro è dovuto, perché non è e non può essere questo il mio modo di intendere lo sport e fare il Commissario Tecnico.

Ringrazio tutti coloro che hanno lavorato con me in questi anni, atleti e membri dello staff, perché tutti mi hanno insegnato delle cose. Un pensiero particolare va ai 30 atleti che in questi quattro anni e poco più hanno esordito con la maglia azzurra. E’ un record di cui vado molto fiero perché regalare questa gioia non ha davvero prezzo.

Ringrazio tutti gli staff delle Squadre Nazionali giovanili e in particolare Mario Barbiero, motore inesauribile della nostra pallavolo maschile giovanile. Fin dal primo minuto ho voluto dimostrare come la nazionale Seniores fosse parte di un progetto comune che incomincia a quattordici anni con i Regional Days. Le nostre squadre giovanili stanno da qualche tempo brillando in Europa e nel mondo e considero questo fatto, insieme alla riforma dell’Under 13, un’ulteriore medaglia di cui andare fiero.

Ringrazio il Presidente Magri per aver realizzato, il 17 dicembre del 2010, il mio più gigantesco sogno di bambino. Sono passati da quel giorno anni, medaglie, vittorie, sconfitte. 134 volte ho sentito suonare l’inno di Mameli con il cuore che scoppiava di orgoglio e di rispetto per quella bandiera distesa davanti a me.

Tengo tutti questi ricordi ma ne scelgo uno: la fotografia scattata sul podio olimpico di Londra. L’onore più grande che potesse immaginare un ragazzo che aveva incominciato ad allenare in un oratorio della sua città.

Ho un ultimo desiderio che devo soprattutto ai miei figli Francesco e Beatrice: vorrei spiegare loro che il nuovo modo di comunicare fondato sulle opinioni espresse sulle pubbliche piazze virtuali dei social network, ha fatto sì che siano state di me scritte cose che spero loro non leggeranno mai. Dietro ai ruoli ci sono persone e il principio del rispetto della persona dovrebbe guidare anche questo nuovo modo di comunicare. Mi piacerebbe che Francesco e Beatrice crescessero con l’idea che rispettare le regole e le persone è talmente bello da essere rilassante. Mi piacerebbe che andassero orgogliosi del fatto che il loro papà, partendo dal nulla, abbia avuto l’onore infinito di rappresentare il nostro Paese. Mi piacerebbe fossero orgogliosi del fatto che, al di là di 7 medaglie vinte, il loro papà possa essere ricordato per averlo fatto sempre e comunque con onestà. Con fatica, con onestà e con la schiena dritta.

Mauro

Il Blog di Mario Berruto

Cultura dello sport e social

Nel gruppo Leggo la Gazzetta alla rovescia, Marco Del Checcolo, analizzando le polemiche sui risultati della scherma ai recenti mondiali in Russia, ha scritto benissimo di cultura dello sport ed uso dei social​.

  • “Ne abbiamo parlato più volte. E più volte ne torneremo a parlare. In Italia c’è un concorso di responsabilità (colpe?) che partono da lontano. Per invertire la tendenza, a mio modesto avviso, si dovrebbe partire oggi dalle scuole elementari e scalare via via tutti gli ambienti che influenzano la cultura. Se cominci con serietà oggi, sia chiaro, raccogli i frutti fra 20 anni. Detto questo, la vita reale offre molte più soddisfazioni di quanto non siano le molte vite filtrate dal desiderio di apparire. In questo, i social media sono un incubatore di troppa energia negativa.” (Marco Del Checcolo)