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Il Pulicano, il cibo e la terrazza

 

Un collage di foto della mia terrazza, dei miei piatti e dei miei Pellicani

Le Braciolette di Mamma Pia

10453352_10204191343610647_1376569839688836507_nLe Braciolette

Le braciolette sono un piatto tradizionale della mia famiglia. Jeanne Carola ha scritto nel suo libro “La cucina napoletana” che quando si assumeva un Monsù (appellativo storpiato dal dialetto che deriva dalla parola Monsieur, usato per designare i cuochi francesi a servizio nelle famiglie aristocratiche, durante il Regno dei Borboni, nel XIX secolo) lo si metteva alla prova proprio con le braciolette e se il piatto non era fatto a dovere lo si licenziava subito.

A riportare questa storia era Ettorino Ricciardi, cugino di mia madre, ed alla sua ricetta mi ispiro.

La bracioletta è una polpetta senza uovo e cotta al forno, che deve la sua bontà alla qualità dell’impasto. Rispetto alla ricetta classica ci sono delle piccole, personali, variazioni.

Per 8 persone:

800 grammi di polpa di manzo                            Prezzemolo

600 grammi di pane cafone raffermo                 Burro

100 grammi di prosciutto crudo a fette sottili   Crostini di pane raffermo

100 grammi di salame napoletano                      Sale

150 grammi di parmigiano

Preparo l’impasto di carne macinando insieme la polpa di manzo con il salame ed il prosciutto.

Spugno il pane con acqua e brodo, lo strizzo accuratamente e ne prendo un peso pari alla metà dell’impasto di carne. È importante utilizzare il palatone o il pane cafone, un pane rustico e non troppo raffinato.

Unisco la carne ed il pane, il sale, un po’ di burro, il parmigiano ed il prezzemolo, lavoro a mano l’impasto fino a che non diventa un unico pezzo omogeneo.

Preparo dei crostini di pane di pane raffermo (a cui ho levato tutta la crosta), spessi circa mezzo centimetro e lunghi quanto le braciolette che vado a preparare.

Divido l’impasto in 30/35 parti e a ciascuna do la forma come di una corcchetta, più o meno delle dimensioni di sei-sette centimetri.

Preparo gli spiedini alternando crostini e braciolette, 4/5 per spiedino (come nella foto.

Braciolette pronte alla cotturaPer la cottura ripongo gli spiedini in più teglie imburrate, metto anche dei tocchetti di burro sui crostini e sulle braciolette (Jeanne Carola suggerisce di spennellarli con del burro sciolto in acqua). L’obiettivo è che crostini e braciolette restino bionde senza bruciare durante la cottura in forno.

Per la cottura uso il forno a 200° per circa 30’, io preferisco una cottura iniziale coperta con alluminio per poi finirla a temperatura più forte per imbiondirle. Braciolette in fornoQuesta estate ho avuto occasione di cucinarle in un forno a legna ed il risultato è stato straordinario!

Per me le braciolette vanno lasciate riposare e mangiate non troppo calde, sono ottime anche il giorno successivo ma ahimè difficilmente ne restano!

 

La frittata di Scammaro

ScammaroÈ una vecchia ricetta della cucina napoletana che era preparata spesso a casa mia, amatissima da mio papà, che però spesso si arrabbiava con mamma se non trovava olive in abbondanza.

Perché  “scammaro “? Durante la Quaresima i monaci che, per motivi di salute avevano il permesso di mangiare carne, per non turbare gli altri confratelli, mangiavano nella loro camera, in lingua napoletana “cammera”. Quindi  il termine “cammerare” era sinonimo di mangiar di grasso, mentre al contrario, “scammerare” sinonimo di mangiar di magro. Pare proprio che su richiesta del Duca di Buonvicino, Ippolito Cavalcanti,  elaborò questo piatto di magro (di scammaro) creando un piatto con il giusto equilibrio tra il “gusto” e la “penitenza”.
Ingredienti per sei persone

  • Spaghetti Garofalo: 500 gr.
  • Olio q.b.
  • Olive di Gaeta snocciolate 100 gr
  • Capperi 50 gr
  • Acciughe 75 gr
  • Aglio 2 spicchi
  • N.B. io faccio tutto ad occhio, il dosaggio dipende dal gusto individuale, a me piace piena di alici ed olive, a volte uso anche altri tipi di olive proprio per dare maggior gusto. Ho indicato gli spaghetti Garofalo, sia per la loro ottima tenuta alla cottura sia per la giusta dimensione per la ricetta che, originariamente, il Cavalcanti voleva l’utilizzo dei vermicelli.

Si deve utilizzare una padella antiaderente: una volta c’erano le famose padelle “nere”, nell’olio si fa imbiondire l’aglio e si aggiungono olive e capperi, dopo 5′ si uniscono le acciughe (io uso sempre quelle salate prodotte da Delfino a Cetara), si fanno sciogliere nell’olio fino a che quasi non “scompaiono”.

Si cuoce la pasta con pochissimo sale, la si scola molto al dente e la si condisce con l’intingolo preparato. Si deve mescolare accuratamente per far amalgamare bene i vari componenti. Si ripassa il tutto nella stessa padella utilizzata precedentemente e si lascia cuocere a fuoco dolce, inclinando e ruotando la padella durante la cottura, affinché i bordi della frittata risultino rosolati come il fondo. A questo punto  la si gira utilizzando un coperchio per poi farla scivolare di nuovo nella padella dopo aver eventualmente aggiunto un po’ d’olio, e si segue lo stesso procedimento fino a che anche il secondo lato sarà ben rosolato.

La si può servire sia calda sia tiepida, risulterà croccante esternamente e morbida all’interno.